Mantova, esami per la patente sotto falso nome: in nove a processo

MANTOVA. Avevano imbastito il loro raggiro tra Mantova e Brescia, con un unico obiettivo: far conseguire la patente di guida a uno che «non aveva i requisiti di legge per averla» in cambio di una bella somma di denaro. L’aspirante patentato era nientemeno che Rosario Marchese, considerato un esponente di spicco di una famiglia mafiosa di Gela al Nord. A processo per falso ideologico, sostituzione di persona, falso in certificati pubblici, con accuse diverse, sono finiti in sette.

//Erano state rinviate a giudizio a Brescia, ma il processo, stralciato dall’inchiesta Leonessa, che ha sgominato gli affari della cosca mafiosa nel Bresciano, è finito a Mantova per competenza territoriale. Oltre a Marchese, alla sbarra ci sono un brigadiere dei carabinieri originario di Acquanegra, in quel periodo in servizio a Desenzano, Claudio Bina, due addette di un’agenzia di pratiche d’auto, le bresciane Luisa Antonini eMilena Beschi, un medico bresciano, Giuseppe Ferrari, oltre a Michele Ortenzio, barese, e Richard Campos, bresciano, incaricati di presentare la documentazione alla Motorizzazione di Mantova, e infine Giuseppe Traiano, foggiano, che aveva sostenuto l’esame di guida sostituendosi a Marchese.

Secondo le accuse, lo stesso Marchese avrebbe scucito 15mila euro per avere la patente, che gli era stata revocata dal tribunale di sorveglianza.

L’indagine parte nel 2017  quando la polizia stradale di Mantova denuncia tre persone accusate di aver cercato di ingannare i funzionari della Motorizzazione durante l’esame per il conseguimento della patente di guida. Il trucco escogitato consiste nel mettere sul documento d’identità e sul certificato medico di Marchese falsificati la foto di Traiano, pronto a dare l’esame al posto del vero candidato. E lo supera con facilità. Ma qualcosa insospettisce i funzionari della Motorizzazione. Ed è così che il giorno dopo, quando Traiano si presenta a ritirare il foglio rosa, si trova davanti gli agenti della Polstrada con i documenti del vero aspirante, cioé Marchese.

Da qui l’indagine si allarga svelando che – queste per lo meno le accuse – un carabiniere sarebbe stato pagato per far avere attraverso un medico compiacente il certificato di idoneità psicofisica a Marchese, che non era certo il candidato ideale. Il processo, che ha inglobato un procedimento, con altri due imputati, è stato rinviato dal giudice Gilberto Casari a dopo l’estate, il 4 novembre.R.C.