Trovata l’arma del delitto di via Mozart a Mantova: processo in parte da rifare

Elena Scaini, 53 anni, finita a processo con l’accusa di aver ucciso a coltellate il marito Stefano Giaron, 51 anni, e aver più volte infierito sulla suocera ottantenne Lina Graziati con la stessa arma, lo scorso anno era stata condannata in primo grado dalla corte d’assise di Mantova a 21 anni di carcere. Ieri mattina la corte assise d’appello di Brescia ha rinnovato l’istruttoria. Vale a dire che il processo si dovrà in parte rifare. Il motivo? È stata ritrovata l’arma del delitto che per mesi era stata inutilmente ricercata dai carabinieri: un grosso coltello da cucina. Un rinvenimento avvenuto a oltre un anno dal delitto e un mese dopo la sentenza di condanna, quando il furgone della donna è stato dissequestrato. A trovarlo all’interno di un trolley non sarebbero stati i carabinieri, ma il fratello dell’omicida che l’ha consegnato ai militari. Ora su quel coltello scatteranno gli accertamenti. I giudici bresciani nel corso dell’udienza di ieri non hanno perso tempo e hanno conferito a due periti l’incarico della ricerca genetica, allo scopo di individuare tracce di Dna sulla lama del coltello. Nella prossima udienza, fissata per il 10 febbraio, saranno messi a confronto i medici legali delle parti.

L’omicidio era stato commesso il 6 ottobre di due anni fa nell’appartamento di via Mozart, quartiere Valletta Valsecchi, dove la coppia abitava assieme alla madre di lui. Dopo il delitto Elena Scaini, oggi difesa dall’avvocato Silvia Salvato, era fuggita e si era rifugiata, per tentare il suicidio con un cocktail di farmaci, in un alberghetto di Zocca, in provincia di Modena. Qui, una volta rinunciato a togliersi la vita, aveva chiamato il 118 e confessato il delitto.