I traumi imposti al mercato della maternità
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Chi può permettersi di affittare un utero per avere figli? I più ricchi. E chi pensa ai diritti di madri e neonati? Nessuno.
Non sono una mamma, ma sono quattro volte papà. E tutte le volte che uno dei miei figli è venuto al mondo ho invidiato il rapporto intimo che aveva con la mamma. Non che io non ci abbia provato, in tutti i modi. Li ho presi in braccio in sala parto, ho fatto il primo bagnetto, tutto come da copione. Ho imparato a cambiare i pannolini, a dare loro il biberon. Ma la mamma è sempre stata la mamma. La mamma è sempre stata un’altra cosa. Avete idea di come i bambini nei primi anni di vita cercano la mamma? Come hanno con lei un rapporto esclusivo? Come si sentono rassicurati da quella voce, quel corpo, quella persona che hanno imparato a conoscere per nove mesi in grembo? Appena vedono la mamma, per loro, esiste solo lei...
Ecco: ho sempre invidiato il rapporto che le mamme hanno con i bambini. A volte mi sono sentito persino escluso. Ho guardato con gelosia quella loro capacità di intendersi e di parlarsi con linguaggi tutti loro, quell’unione dei corpi, per l’allattamento ma non solo, che per quanti sforzi facessi io non sono mai riuscito ad avere. Ed è a questo che penso tutte le volte che sento parlare di gestazione per altri o maternità surrogata o utero in affitto, che poi sono tre modi diversi per dire la stessa cosa. E cioè che un bambino viene strappato alla sua mamma. Alla persona che l’ha tenuto in grembo per nove mesi. A quella con cui ha un rapporto così speciale. E che invece non rivedrà mai più.
Si dice che bisogna difendere i diritti dei bambini. E siamo d’accordo. Tutti i bambini devono essere tutelati. Ci mancherebbe. Il fatto è che in Italia oggi non esistono bambini discriminati perché ci sono gli strumenti, a cominciare dall’adozione in casi particolari (articolo 44, legge 184/1983), per dare tutte le tutele del caso, anche per i piccoli che vivono con coppie omosessuali. Il fatto bizzarro è che coloro che scendono in piazza per i diritti dei bambini (dalla neo segretaria del Pd Elly Schlein in giù) in realtà hanno in mente, e lo hanno anche dichiarato apertamente, di introdurre in Italia una delle pratiche che più lede i diritti dei bambini, oltre che quelli delle donne. E cioè, per l’appunto, l’utero in affitto (o gestazione per altri o maternità surrogata che dir si voglia). Nessuno pensa ai diritti di quei bambini strappati alla loro mamma?
Che tutto ciò avvenga per soldi è un’aggravante, ovviamente. Ed è in pratica lo sdoganamento della nuova schiavitù della donna. È l’uso del corpo femminile per compiacere interessi altrui. Fa effetto leggere le offerte sui siti specializzati che propongono, per l’utero in affitto, veri e propri pacchetti come fossero tour operator: nell’«all inclusive» sono previsti la scelta del sesso del nascituro, carrozzine, corredini, baby sitter e assistenza legale. Pagando tariffe un po’ più alte ci si può assicurare contro gli imprevisti come il deterioramento degli embrioni o come il cambio della donatrice. Se si sceglie il pacchetto «standard plus» o «premium» si hanno ulteriori garanzie. Per esempio: se il neonato muore te ne danno uno di ricambio. I prezzi variano a seconda della meta e del pacchetto scelti: in Georgia possono bastare 58 mila euro, in Grecia ce ne vogliono 78 mila, negli Stati Uniti si sfiorano anche i 200 mila.
Trasformare la maternità in un mercato avvantaggia i ricchi e sfavorisce i poveri. Chi è che venderà il proprio corpo in cambio di soldi? È chiaro: i più poveri. Chi è che può permettersi di pagare 200 mila euro un figlio? È chiaro: i più ricchi. Ed è strano perciò che sia proprio la sinistra a sostenere questa pratica che di fatto trasforma le donne in schiave. Basta sentire i racconti delle mamme surrogate, che spinte dal bisogno hanno accettato di portare in grembo un figlio per altri, per capirlo. Alcune di loro sono state letteralmente schiavizzate dalle coppie compratrici, che hanno loro imposto a suon di dollari comportamenti, alimentazioni, cose da fare e da non fare. Altre si sono pentite quando hanno sentito crescere nel grembo il bimbo, l’hanno considerato figlio loro ma non hanno potuto tornare indietro, subendo così un trauma devastante.
Ma anche quando tutto ciò non succede, anche quando, come dicono alcuni sostenitori della gestazione per altri, questa non avviene per denaro ma per generosità, quando non è uno scambio mercantile ma solo un atto di solidarietà, quando non ci sono traumi e ripensamenti, anche quando fila tutto liscio per le donne che s’offrono e non soffrono (ammesso che ciò possa accadere), ebbene: ai diritti di quel neonato chi ci pensa? Chi pensa al diritto di stare con la sua mamma? Di essere allattato da lei? Di sentire la stessa voce che ha sentito e lo stesso calore che l’ha riscaldato per nove mesi? E perché ai diritti di questi bambini non pensa mai nessuno?