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Июнь
2025

Toghe rosse pure durante il processo: a Torino il pm usa la requisitoria per attaccare la riforma della giustizia

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Anche la requisitoria di un processo diventa, per certi pm, l’occasione per una ribalta politica contro la riforma della giustizia e, in particolare, contro la separazione delle carriere. Secondo quanto riferito dal Foglio, è andata così mercoledì scorso a Torino, dove si discuteva un processo a carico di due agenti accusati di arresto illegale. Durante il suo intervento, il pm avrebbe sostenuto che sostanzialmente con la separazione delle carriere il processo non si sarebbe celebrato, perché è scaturito da un «vaglio critico» della pubblica accusa su un altro caso. «Questo è un caso che rende preoccupante il progetto di separazione delle carriere dei magistrati. È stata l’autonomia del giudizio a permetterci di operare un vaglio critico degli elementi che ci sono stati forniti», sarebbero state le parole del pm, secondo quanto riportato dal Foglio. Senonché, chiarisce l’articolo, non si capisce il nesso tra il “vaglio critico” del pm e la riforma della separazione delle carriere, visto che «quest’ultima prevede la separazione dei percorsi professionali dei pubblici ministeri e dei giudici, mantenendo tutte le garanzie di autonomia e indipendenza per entrambe le categorie».

A Torino il pm usa la requisitoria per attaccare la riforma della giustizia

«Insomma  – scrive Ermes Antonucci, che firma l’articolo – anche dopo l’eventuale approvazione finale della riforma (e probabile referendum confermativo), i pubblici ministeri italiani potranno continuare a procedere a un “vaglio critico” di qualsiasi questione, anche quelle che riguardano le condotte degli agenti delle forze dell’ordine, ambito che non viene minimamente toccato dal provvedimento in discussione in Parlamento». Anche per questo l’intemerata del pm di Torino appare come una palese incursione politica, con buona pace della separazione dei poteri e, anche, del recente richiamo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sul fatto che «giudici e pubblici ministeri hanno il dovere di essere e di apparire – apparire ed essere – irreprensibili e imparziali, in ogni contesto (anche nell’uso dei social media); con la consapevolezza che, nei casi in cui viene – fondatamente – posto in discussione il comportamento di un magistrato, ne può risultare compromessa la credibilità della magistratura».

I consiglieri laici del centrodestra chiedono l’apertura di una pratica

Sul caso di Torino sono intervenuti i consiglieri laici di centrodestra del Csm, Enrico Aimi, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher e Felice Giuffrè, che hanno depositato una formale richiesta di apertura di una pratica nei confronti del pm di Torino. La richiesta, spiegano in una nota, nasce proprio a seguito dell’articolo del Foglio. I consiglieri sottolineano come «tali affermazioni, totalmente scollegate dai fatti oggetto del processo, rappresentino una presa di posizione politica impropria, espressa in un contesto – l’aula di giustizia – che richiede il massimo equilibrio e imparzialità». «La libertà di espressione – sottolineano i consiglieri – è un diritto sacrosanto, ma non può travalicare il principio costituzionale della separazione dei poteri. Un magistrato non può utilizzare l’aula di tribunale per esprimere giudizi su un progetto di riforma costituzionale in discussione, pena – avvertono – la compromissione della credibilità e dell’indipendenza della funzione giudiziaria».

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