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Caso Schwazer: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo apre un procedimento contro la Svizzera, sede del Tas

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La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ufficialmente aperto un procedimento contro il Governo svizzero, sede del Tas di Losanna, sulla base del ricorso presentato nel 2022 da Alex Schwazer. “Adesso si comincia a ragionare bene”: a confermarlo è l’avvocato Gerhard Brandstaetter a LaPresse. “Che scenari si possono prevedere? Tutta una serie di quesiti e indagini devono essere posti dal governo federale che non ha concesso la riapertura del Riesame sulla base della sentenza di assoluzione da parte del giudice italiano, il che significa non concedere l’accesso garantito dai Diritti europei dell’uomo alla giustizia, perché gli hanno negato questo processo. Ora andiamo a vedere quello che succede“, ha sottolineato Brandstaetter, legale del marciatore.

Un caso lunghissimo e molto complesso quella che ha coinvolto il marciatore italiano, campione olimpico sulla 50 Km a Pechino 2008, la cui carriera è stata condizionata (e compromessa) da due vicende legate al doping. Ma se nel primo caso Schwazer aveva ammesso la sua colpevolezza – patteggiando la pena, collaborando con la giustizia e affidandosi all’allenatore Sandro Donati, simbolo della lotta al doping, per tornare a gareggiare -, nel secondo caso l’atleta ha sostenuto sempre la sua innocenza in tutte le sedi possibili. Innocenza che gli è stata riconosciuta dal Tribunale di Bolzano: ma se per la giustizia italiana Schwazer non si è dopato nell’inverno 2015/16 – con il Tribunale che ha archiviato il procedimento a carico del marciatore altoatesino per “non aver commesso il fatto – per Wada e World Athletics non è così.

L’atleta però non si è mai arreso alla condanna della giustizia sportiva, arrivando fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che oggi ha deciso di aprire un procedimento. Un ricorso contro la Svizzera, essendo la nazione dove ha sede (a Losanna) il Tas (Tribunale arbitrale dello sport), accusato di aver violato i suoi diritti personali.

Le tappe e le anomalie del caso Schwazer

Nel 2008, dopo la prima positività, Alex Schwazer decise di patteggiare la pena e collaborare con la giustizia, affidandosi all’allenatore Sandro Donati, simbolo della lotta al doping, per preparare il suo ritorno alle gare per i Giochi di Rio. Proprio nell’ambito dell’inchiesta sul doping del marciatore altoatesino, la Procura di Bolzano sequestrò a Giuseppe Fischetto (medico della FIDAL) un database con una lista di circa 12.365 test ematici su 5mila atleti effettuati tra il 2001 e il 2012: quel database farà definitivamente scoppiare il caso del doping di Stato da parte della Russia.

Successivamente, la Iaaf (oggi World Athletics) dispone un controllo a sorpresa per Schwazer per l’1 gennaio 2016. La positività dopo il controllo viene però resa nota soltanto a maggio 2016, quando mancava pochissimo alle Olimpiadi di Rio e di conseguenza c’era anche poco tempo per un ricorso. La positività rilevata dal laboratorio di Colonia è giustificata dall’accusa con la presenza di testosterone sintetico nel campione.

La difesa di Schwazer ha però sempre sostenuto la presenza di anomalie nel procedimento. In primis, l’urina di Schwazer è stata inviata al laboratorio di Colonia con l’indicazione Racines, località in provincia di Bolzano dove è nato Schwazer, ma di regola le analisi sono anonime. Poi l’anomalia nelle urine: l’ipotesi di una manomissione, per la difesa, è dimostrata anche dalla concentrazione anomala di Dna. Anomalia confermata dal comandante del Ris dei carabinieri di Parma, Giampietro Lago, dopo la sua sua terza perizia sull’elevata concentrazione di Dna nelle urine di Schwazer. “La concentrazione non corrisponde ad una fisiologia umana”, aveva spiegato Lago a distanza di tempo.

Infine la questione delle mail russe. Nel corso dell’inchiesta, gli inquirenti hanno analizzato anche le email tra Iaaf e Wada, recuperate dagli hacker russi di Fancy Bears, dove nei messaggi tra il responsabile dell’antidoping della Iaaf (oggi World Athletics) e il legale della stessa federazione mondiale di atletica erano state scritte la parola “complotto” e “A.S.”, iniziali dell’ex campione di marcia.

Nel 2021 il Gip del Tribunale di Bolzano dispone l’archiviazione del procedimento penale per “non aver commesso il fatto”, ma da lì Schwazer ha solo ricevuto una serie di no che non gli hanno mai permesso di tornare a gareggiare e di esaudire il suo ultimo desiderio: quello della partecipazione alle Olimpiadi di Parigi 2024, naufragato con il respingimento del ricorso da parte del Tas in cui si chiedeva la sospensione della squalifica. Pochi giorni fa, il 7 settembre, il marciatore ha stabilito il nuovo record europeo master sui 10mila metri di marcia su pista, chiudendo in 38’34”07, tornando così – seppur per pochissimo tempo e non per una medaglia olimpica – a far parlare di sé in pista e non in tribunale.

L'articolo Caso Schwazer: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo apre un procedimento contro la Svizzera, sede del Tas proviene da Il Fatto Quotidiano.


















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