“Kevin Spacey? È stato folle, è iniziato tutto con una mail. Oggi gli adulti dovrebbero ascoltare di più e i giovani lavorare molto di più”: parla Filippo Laganà
Quando chiediamo a Filippo Laganà, 31 anni, perché abbia deciso di scrivere un comedy show, risponde che “oggi c’è un gran bisogno di ridere. E poi, noi le cose drammatiche non le sappiamo fare”. Il suo sorriso e la sua ironia li ha riversati in “Minimarket”, la serie che ha ideato e prodotto, di cui è autore e protagonista e che sarà disponibile con le prime cinque puntate dal 26 dicembre su RaiPlay (dal 9 gennaio invece il boxset completo). Laganà interpreta Manlio Viganò, un ragazzo ricco e laureato in legge, ma che di lavorare nello studio del padre commercialista non ne vuole sapere. Il suo sogno è fare lo showman. Da questa ferma convinzione e da un’occupazione in un alimentari di fronte alla sede della Rai a Roma, dove ha trovato impiego per mantenersi, comincia la serie. “È stata scritta e sceneggiata in un mese e mezzo circa. Girata e montata in due: è stato tutto molto veloce – spiega a FqMagazine –. Il direttore (contenuti Digitali e Transmediali Rai, ndr) Marcello Ciannamea ha creduto in questa follia, ma prima di ricevere un sì sono passato da tanti pianti, delusioni e speranze sfumate. Sono cinque anni che presento progetti in giro”.
Mentre arrivavano le porte in faccia “che fanno parte del percorso”, però, iniziava a materializzarsi un’opportunità più grande. Perché in “Minimarket”, al fianco del giovane classe 1994 e nel ruolo di mentore e coscienza artistica di Manlio, recita il due volte premio Oscar Kevin Spacey. “È partito tutto da una e-mail, poi abbiamo cominciato a scriverci, gli ho spiegato il progetto e ha accettato di esserci. Le accuse di molestie sessuali che ha ricevuto? Non mi sono posto il problema, non è mio interesse giudicare”. Nel microcosmo multietnico del minimarket, gestito da un proprietario cingalese burbero (il padre della fidanzata di Manlio) che ha trasformato il negozio in un luogo di sopravvivenza quotidiana, gravitano poi anche una serie di personaggi (nel cast anche il papà attore e comico di Laganà, Rodolfo) che contribuiscono a rendere vivace il tono della serie. All’interno del negozio, Manlio si può rifugiare nelle sue fantasie, alternando il lavoro a visioni in cui si immagina già su un palco. “Lui vuole fare il suo show e cerca solo qualcuno che lo ascolti. Anche se magari gli dirà che non apprezza l’idea. Questo è il messaggio della serie”.
Com’è nata “Minimarket”?
È un progetto che ho scritto qualche anno fa partendo dal concetto che in qualsiasi parte del mondo, sotto casa di ognuno di noi, c’è un minimarket. Che è sempre uguale: senza la porta, con la serie indiana o cingalese che si sente dalle casse del telefonino del proprietario e vende di tutto. All’interno tutti si ritrovano alla pari, dal personaggio molto famoso al clochard.
Nella serie c’è molto spazio per la musica. È una scelta che rispecchia il sogno da showman di Manlio o un omaggio al grande varietà?
Entrambe. Il sogno di Manlio è fare proprio quel grande varietà, che è importante e oggi manca, in modo moderno. La struttura di “Minimarket” in realtà è un varietà essa stessa: ci sono tutti i suoi elementi in una chiave diversa dagli spettacoli del passato. Non siamo più abituati a quel tipo di tv, anche se in realtà la ricerchiamo. Parliamo solo ed esclusivamente del passato e mai del futuro. Manlio ha quel sogno che è anche il mio.
Quanto c’è di te in Manlio Viganò?
Direi che c’è molto, ma in generale in tutti i personaggi ci sono gli attori e le attrici che li interpretano. Ognuno ha portato i propri sogni all’interno del progetto: è stato bello e divertente anche per questo motivo. Ci siamo trovati tutti a collaborare verso un obiettivo, nessuno ha creato polemiche o non ha seguito ciò che andava realizzato. Abbiamo tutti scritto, inventato, collaborato, giocato in un’unica direzione.
“Sognare è il vizio più pericoloso che ci sia” dice la voce narrante all’inizio. I giovani possono ancora sognare?
Si può sempre sognare. Una volta svegli, però, bisogna decidere se inseguire quel sogno o fare i conti con la realtà, che molto spesso non aiuta a realizzare i progetti perché ci sono troppi ostacoli. Per questo bisogna essere incoscienti, andare contro le barriere e provarci. Tre quarti delle volte si abbandona prima della partenza. Se hai il coraggio di partire non è detto che arrivi al traguardo, ma almeno vivi con la consapevolezza di averci provato.
La famiglia di Manlio e quella della fidanzata non lo supportano nell’obiettivo di diventare showman. Le nuove generazioni faticano a essere capite?
Secondo me ci sono colpe da entrambe le parti: i giovani vogliono lavorare poco e guadagnare tanto, ma dall’altra parte chi deve prendere le decisioni, in qualsiasi ambito, vede le loro proposte come una perdita di tempo e non ha voglia di ascoltare. Forti della loro esperienza, i più adulti partono dal presupposto che tu, giovane, debba farti le ossa per diverso tempo. Noi siamo abituati a un mondo più veloce e più smart, quindi riteniamo che questo percorso debba essere un po’ più rapido rispetto alla famosa gavetta che hanno fatto loro. Riassumendo: i grandi dovrebbero ascoltare di più e noi lavorare molto di più.
Sei cresciuto con ospiti in casa come Antonello Falqui. Hai “rubato” qualcosa del suo modo di fare tv per “Minimarket”?
Forse inconsciamente. Ho sempre guardato molto e non cercato di imitare, ma capire quali potessero essere le sue idee. Antonello è stato un visionario, ha sfidato il modo di fare tv di quell’epoca, ha avuto molto coraggio. Ecco, direi che mi sono ispirato alla sua audacia: provarci costa solo tanta fatica, ma per fortuna faticare è gratis.
Nel cast c’è anche il vincitore di due premi Oscar Kevin Spacey. Perché hai pensato di scrivere proprio a lui?
Lo reputo tra i primi cinque attori in circolazione e tra i miei preferiti in assoluto: mi è venuto in mente e gli ho scritto una mail. Da lì è cominciato un carteggio, ci siamo incontrati dal vivo e per me è stato folle. Quando vedo le immagini, il trailer di “Minimarket” e leggo gli articoli che dicono “Kevin Spacey al fianco di Filippo Laganà” rido perché mi sembra assurdo, uno scherzo. E invece è reale.
Come sei riuscito a convincerlo?
Gli ho semplicemente raccontato la verità. Poi perché lui abbia accettato lo ha dimostrato subito dopo sul set: ha una gran voglia di aiutare, si è messo a nostra completa disposizione divertendosi e con un’umiltà pazzesca. A girare sul set con noi non si è presentato un due volte premio Oscar, ma una persona con la voglia di ridere e giocare. Ha messo tutti a loro agio.
Cosa hai imparato da lui?
Sopratutto che l’umiltà è la base, ma è un valore che avevo già appreso da altri grandi che ho frequentato in casa come Proietti. Il gioco è il secondo elemento importante e fondamentale. E soprattutto l’essere sempre se stessi. Lui è stato veramente indescrivibile. È costantemente aggiornato sullo sviluppo della serie, ci manda messaggi e ci dà consigli. Insieme al suo manager, che è una persona eccezionale, ci ha dimostrato tanto. Ci hanno dato uno schiaffo di realtà.
Nella serie Spacey è la coscienza artistica di Manlio. Perché gli hai proposto questo ruolo?
Gliel’ho scritto pure per e-mail: penso che solamente con l’aiuto dei grandi e della loro esperienza i giovani possano riuscire a realizzare i loro progetti. È come se a un colloquio non sapessi la risposta e potessi chiederla alla persona vicino a te. La forza di Kevin è stata quella di non ergersi in un piedistallo. Il primo giorno sul set io ero in camerino a truccarmi ed è venuto lui a salutarmi. Non sapevo fosse arrivato. È un gesto molto piccolo, ma nel nostro ambiente eclatante. Fa capire con quanto rispetto tratti questo mestiere, rispetto a noi che siamo molto più cialtroni.
“Nessuno può farcela in questo mondo senza l’aiuto degli amici” ricorda il mentore a Manlio. È un messaggio che hai voluto mandare?
È il messaggio che ho ricevuto io per primo. Questa serie l’ho fatta con gli amici intorno. Mi sono potuto permettere un grande cast perché è formato da amici che hanno deciso di abbracciare il progetto senza leggere niente, con grande spirito di squadra. È fondamentale circondarsi delle persone giuste.
Qual è il tuo più grande sogno adesso?
Continuo a pensarci, ma non ho una risposta. Sono in un momento di grande confusione e spero vada tutto bene, c’è grande attesa per “Minimarket” ed è ciò che più mi preoccupa. Fino a ora non mi sono reso conto di cosa abbiamo messo in piedi. Anche con Spacey sul set non mi sono mai detto che recitavo accanto a un grande divo. Ho notato però il bene che la gente gli vuole: c’è un grande tifo nei suoi confronti ed essendo amante della sua arte non vedo l’ora di rivederlo dove merita di stare. Se la serie può essere solo un piccolissimo aiuto sono solo che felice.
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