Ingegnere in Portogallo. “Qui la mia vita è decollata. In Italia dopo la laurea mi hanno offerto un lavoro da 450 euro al mese”
“Ho molti dubbi sull’idea di tornare in Italia. Sono fiero di essermene andato per costruirmi un futuro migliore. Ora la mia casa non è più l’Italia”. Ha le idee chiare Luca Golinelli, 28 anni, che nel 2023 è partito per il Portogallo. E che, da allora, non ha intenzione di tornare.
Per gran parte della sua vita, il nuoto agonistico è stata una colonna portante, una passione che ha poi scelto di abbandonare in quinta liceo per dedicarsi con determinazione agli studi universitari. A ridosso dalla data di laurea, spinto da un grande entusiasmo, Luca inizia la ricerca di un lavoro. Tuttavia, l’impatto con il mercato italiano è “un po’ disarmante”, specialmente quando, tra tanti rifiuti, “mi è stata offerta una proposta di stage a 450 euro al mese”: dopo cinque anni di ingegneria, di cui uno di Erasmus trascorso all’estero, una magistrale al Politecnico di Milano e con un inglese fluente, “ammetto che le mie aspettative erano diverse”, ricorda.
L’impiego alla fine arriva, in un’azienda di medie dimensioni in provincia di Bologna: ma la percezione delle dinamiche aziendali, l’idea di “una cultura tradizionalista” e di “un ambiente di lavoro poco moderno” lo spingono a cercare nuove opportunità all’estero. Una ricerca l’ha portato, poco dopo, a essere selezionato per un graduate program a Lisbona presso una multinazionale tedesca.
Considerata l’assunzione con un contratto a tempo indeterminato e con uno stipendio più alto rispetto a quello italiano, considerato il costo della vita inferiore e l’opportunità di fare carriera, la scelta di trasferirsi è stata quasi naturale. Oggi Luca lavora in un’azienda che permette flessibilità di orario, possibilità di lavoro da remoto e nessun vincolo alla timbratura del cartellino. La sede è a 10 minuti da casa: lavorando a progetti e non a ore, il risultato è molto più importante dell’orario di entrata o di uscita. “È un rapporto che si basa sulla fiducia e non sul controllo”, spiega nella sua intervista al fatto.it.
Il Portogallo, pur con le sue sfide, ha recentemente introdotto “incentivi fiscali vantaggiosi per i giovani”, spiega Luca (“con l’IRS Jovem il primo anno la tassazione è esente sull’imponibile al 100%”). L’atteggiamento generale delle persone è “più rilassato”, anche in ambito lavorativo, ma non per questo “meno produttivo”. Dopo il lavoro, spesso se il tempo è bello si va a vedere il tramonto sull’oceano, oppure si pratica sport. In Italia, avendo scelto di vivere a Ravenna e lavorare in provincia di Bologna, ricorda il giovane romagnolo, “mi svegliavo alle 6.45 per timbrare il cartellino alle 8, tornavo a casa per le 18.00 nel caos del traffico dell’orario di punta”.
La posizione in cui Luca è stato assunto, il graduate program, prevede tre rotazioni da otto mesi l’una in diversi dipartimenti: uno schema che permette di conoscere diverse mansioni e ampliare il network. Tra le rotazioni, una è obbligatoriamente da svolgere all’estero. Così Luca ha lavorato per otto mesi nel 2025 in Asia, a Bangkok, con un nuovo manager, occupandosi del mercato dell’Asia Pacific. Da settembre Luca è “felicemente” tornato a Lisbona, portandosi dietro un’esperienza internazionale che ha rappresentato per il 28enne originario di Ravenna una “svolta tangibile”, che gli ha offerto un contesto di meritocrazia, inclusione e innovazione sul piano lavorativo. E che gli sta permettendo di sviluppare pienamente, aggiunge, il suo potenziale, in un ambiente “dinamico, multiculturale e rispettoso”.
“Parlando con colleghi che lavorano in altri Paesi – continua lui – ho avuto modo di comprendere le differenze tra vari aspetti legati al mercato del lavoro, sia in Europa che in Asia”. Parliamo di congedo di paternità e maternità, salari, giorni di ferie e una serie di benefit contrattuali che variano da zona a zona: se a livello contrattuale l’Italia “non si difende male” (“a parte il congedo parentale”), sul rapporto stipendi-costo della vita “non c’è paragone rispetto all’estero, specialmente al nord Europa”.
Questi due anni all’estero, inclusi gli otto mesi a Bangkok, hanno profondamente plasmato l’animo di Luca, che oggi porta con sé un mix di abitudini e modi di pensare italiani, portoghesi e thailandesi che hanno arricchito la sua identità “ben oltre le mie origini”. Certo, per uno come lui, legato a famiglia e amici, mancano gli affetti. Ma anche il cibo e la bellezza diffusa del nostro Paese.
Lasciare l’Italia è stata una scelta impegnativa: la vita che conduce oggi Luca è più complicata ma decisamente più appagante di quella precedente. “La mia vita è letteralmente decollata da quando sono partito”, aggiunge. Va messo, però, in chiaro una cosa: andare all’estero rappresenta un percorso arricchente, ma non privo di difficoltà, spiega nel suo ragionamento. È cruciale, quindi, fare una riflessione onesta: “Vivere all’estero e stare lontani dalla propria famiglia comporta inevitabilmente nuove sfide, ma può essere un percorso estremamente formativo e arricchente”.
Per ora Luca non ha intenzione di tornare. Anzi. È “fermamente convinto” di proseguire il suo percorso all’estero, che sia in Portogallo o altrove. “In Italia c’è poca attenzione verso i giovani – continua –. Ognuno con le sue motivazioni, quasi la metà dei miei ex colleghi di università lavorano all’estero. E questo – conclude – fa pensare”.
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