Jesolo come Dubai? Scopri le differenze. Ecco quello che sappiamo del progetto
foto da Quotidiani locali
Sarà capitato anche a voi di fare qualche costruzione con la sabbia in spiaggia. Un castello, una diga, qualcosa che sarà bello e al sicuro fino a che l’acqua non sale. Poi, ahimè, strilli e pianti di bambini ma la sabbia con cui era stata fatta la nostra meraviglia sparirà lontana.
Le nostre spiagge
Stessa cosa per un’altra meraviglia fatta dalla natura: le nostre spiagge, amate da milioni di persone che ogni anno vengono a rilassarsi e a fare risplendere l’economia turistica, la prima in ordine d’importanza del Veneto.
Basta pensare che nella top 10 delle località turistiche italiane, dopo Roma, Milano, Venezia e Firenze c’è Cavallino Treporti. E della lista fanno parte anche Bibione, Jesolo e Caorle. Come dire che metà delle località più gettonate in Italia sta in Veneto e quattro di queste sono spiagge.
Il problema è che le spiagge la natura non le aveva create così.
La linea costiera naturale e quella artificiale
Le spiagge venete erano delle immense distese di grandi dune sabbiose, tenute salde dal reticolo di radici profonde di alcune piante alofile che davano forza all’ammasso di sabbia, mentre i loro fusti catturavano la sabbia trasportata dal vento facendola accumulare di nuovo sulla duna.
In caso di mareggiata dunque queste dune non solo fermavano il mare, ma rilasciavano sabbia che andava a riformare la battigia davanti a loro.
Ora tutte queste dune sono state spianate dall’industria turistica: per avere spiagge sempre più grandi le dune sono state letteralmente sbancate.
Gli effetti del cambiamento climatico
Il risultato è che il mare, adesso, non solo non ha alcun ostacolo per penetrare all’interno, ma può portarsi via tutta la sabbia che vuole e questa non verrà mai sostituita.
Con il cambiamento climatico in atto e la previsione di crescita del livello del mare tra i 30 e i 63 centimetri entro il 2100, quindi, le nostre spiagge spariranno.
Con esse però, andrà ai pesci non solo la sabbia ma anche tutte le città del divertimento che sono state costruite alle spalle degli ombrelloni e, soprattutto, la fetta più grande dell’economia veneta.
Le difese fino ad oggi
Finora l’unico sistema adottato per difendere le spiagge era il ripascimento: vuol dire prendere della sabbia in un punto dove se ne accumula tanta (come alla base delle dighe di Treporti) e portarla dove serve.
Questo bastava fino a che l’unico problema era la corrente antioraria dell’Alto Adriatico che “piallava” la spiagge. Ora, con l’innalzamento del medio mare e con una ripidità di coste quasi nulla pari a 1:100 (cioè per ogni metro in più di altezza il mare si mangerà 100 metri di profondità della costa) questo sistema non basta più.
Il futuro si chiama ripascimento protetto
Il professor Piero Ruol, ordinario all’Università di Padova e autore del Piano difesa costiera adottato dalla Regione Veneto, ha previsto quindi un sistema integrato chiamato “ripascimento protetto”, cioè la nuova sabbia difesa da pennelli e altri sistemi meccanici tra cui non esclude le “dighe soffolte”, cioè dighe sommerse.
Sulla creazione di sbarramenti artificiali emersi, però il giudizio, prima ancora che ingegneristico, è naturalistico: «È assurdo», aveva sintetizzato Ruol, pensare alle nostre spiagge come a delle “piscine” delimitate da cemento. Questo va bene a Dubai, non qui in Adriatico”.
La “missione olandese”
Lo stesso risultato era venuto lo scorso anno dalla missione veneta in Olanda, che non era una missione esplorativa con ingegneri idraulici. A fare parte della delegazione veneta sono stati infatti l’eurodeputata della Lega Rosanna Conte e il presidente di Unionmare Veneto, cioè dell’associazione privata che riunisce i gestori di spiagge, Alessandro Berton, su spinta dell’assessore regionale Francesco Calzavara, che di mestiere sarebbe assessore alla programmazione e al Bilancio, ma che è di Jesolo.
In realtà in Olanda Berton e Conte hanno incontrato gli ingegneri della Royalhas Koenig DHV, azienda leader per le opere di ingegneria idraulica e difesa della costa, che hanno illustrato loro il sistema del sandbagging, cioè un sistema di accumulo della sabbia creato vicino a l’Aja con un “deposito” di oltre 20 milioni di metri cubi di sabbia che viene presa e rilasciata naturalmente dalla stessa corrente marina, rialimentando così le spiagge. Un ripascimento fatto quindi dallo stesso mare.
L’accumulo di sabbia e l’isola che non c’è
Ma qualcuno dev’essersi fatto prendere la mano. Dalle proposte mostrate dagli ingegneri della Royalhas Koenig, che comprendevano anche sistemi strutturali simili a quelli contenuti nel Piano di difesa costiero regionale, e che sposavano quindi la filosofia del “ripascimento protetto”, una volta tornati a casa si è arrivati all’esplosione di idee copiando quanto fatto a Dubai.
Così nelle riunioni in Veneto, negli abboccamenti con la stampa, con gli “amici” e i politici, si è parlato della “’isola artificiale di Ter Heijde” che secondo i racconti sarebbe “parallela alla costa” e che sarebbe “lunga 8 chilometri e larga 3” con all’interno il “più grande lago artificiale per kite surf”.
Peccato che però l’isola di Ter Heijde non compaia nelle carte nautiche essendo in realtà un accumulo di sabbia lungo la costa creato dall’uomo. Nessuna isola: una gibbosità della linea di spiaggia senza nemmeno una capanna, ma con una depressione invasa dall'acqua di mare.
Questa gibbosità di sabbia è in realtà il migliore progetto ingegneristico di difesa dal mare. Il suo fulcro è la spiaggia chiamata Zandmotor, da dove avviene il rilascio della sabbia che viene presa dal mare in quel punto e portata naturalmente lungo la costa dalla corrente marina.
Ma come per il gioco del “telefono senza fili” da questo accumulo di sabbia lungo la stessa costa si è magicamente arrivati a parlare e proporre in Alto Adriatico un’isola artificiale in sabbia e cemento lunga 8 chilometri parallela alla costa.
Dall’Olanda a Dubai
Un super sito, che molti già sognano sul modello Dubai, cioè per super ricchi, da costruire ovviamente con soldi pubblici, ma i cui benefici in termini di difesa costiera sono tutti da dimostrare.
Dubai, in tutt’altro contesto climatico e costiero, ha creato delle isole artificiali di fronte alle proprie coste. I primi, e più efficaci, di fronte alla zona di Al Sharia: si tratta di un ampio waterfront.
Ancora più a sud, ma collegate alla costa, ci sono due promotori artificiali a forma di palma, con un contorno ad aureola: Palm Jebel Ali e Palm Jubeirah. La seconda è stata urbanizzata e resa territorio ideale per il ritiro di milionari russi, sceicchi e altre persone che possono permettersi appartamenti con prezzi simili al Pil di uno stato.
Infine, davanti ad Al Sharia, ci sono gli isolotti chiamati “Continenti”: sono di fronte alla spiaggia di Jumeirah e sono cinque gruppi di isolette di sabbia, ognuna con il nome di uno Stato del pianeta, che saranno messe in venditae e in cui ognuno dei super straricchi in grado di comprarle potrà costruire ciò che vuole. Ogni straricco avrà quindi la sua isola personale. Per non sapere leggere né scrivere gli emiri le hanno fatte circondare da gigantesche barriere sommerse.
L’efficacia e il sogno
A Jesolo invece si parla di una prima isola, intanto, parallela alla spiaggia: poche notizie e tanti dubbi. Molti ingegneri idraulici, ad esempio, non possono ancora sapere se questa strozzatura, aumentando la forza della corrente sottocosta potrebbe aumentare anche l’erosione.
L’accumulo di Ter Heijde, oltre a non essere urbanizzato, è sulla costa, non è infatti un’isola e quindi non è parallelo alla costa proprio per non creare un effetto strozzatura che aumenti la forza della corrente.
L’altra opera di difesa costiera olandese costruita vicina, il Maasvlakte Rotterdam, è usata essenzialmente per rompere la corrente e difendere l’ingresso portuale e la stessa Ter Heijde.
Insomma un modello che si è dimostrato utile, naturale, non invasivo, rispettoso dell’ambiente e che, a conti fatti, costa poco alle casse pubbliche
A Jesolo, invece si è puntato subito sul modello Dubai che è l’esatto contrario: non si sa se funzionerebbe qui, è totalmente artificiale, è estremamente invasivo, non rispetta l’ambiente e costerebbe una galassia di euro pubblici.
Ma assicurerebbe una valangata di soldi ai pochi beneficiari privati.
Per fare questo si sono spacciate cose che non sono, isole che non esistono.
Insomma, un progetto ancora fumoso, ma che ha improvvisamente riunito imprenditori, politici e balneari sotto quello che al momento resta solo un simbolo: una Dubai cementificata e lussuosa nel Golfo di Venezia.