Arriva Enrico Ruggeri: «Torno a Mantova e al mio live vorrei Boninsegna»

foto da Quotidiani locali

Enrico Ruggeri arriva sabato 31 marzo al Teatro Sociale di Mantova con la data zero del nuovo tour. L’abbiamo intervistato. Cosa può anticipare? «Dalla settimana prossima saremo a Mantova per le prove. È un concerto ‘robusto’, studiato per spazi all’aperto. Ci sarà il giusto mix tra quelle dodici canzoni ‘obbligatorie’, come ‘Il mare d’inverno’ e ‘Peter Pan’, e cose diverse tra cui i brani del nuovo album».
Ha dichiarato che “La Rivoluzione”, uscito nel 2022 dopo il Covid, è il migliore tra i suoi trentanove dischi.
«Sì. Un po’ perché si matura, un po’ perché ci ho lavorato tre anni. Un’anomalia per me che ho sempre fatto quasi un album all’anno. È stato un lavoro meditato, alla ricerca di quel Santo Graal che è il suono che hai in testa e vuoi trasferire».
È vero che non ha mai conosciuto qualcuno che è stato a un suo concerto una volta sola?
«Sì, sono tante le persone che ci seguono perché difficilmente faccio due concerti simili. Suoniamo tutto senza sequenze preregistrate – un malcostume diffuso – quindi ogni volta il pezzo esce in modo diverso».
Cosa pensa della musica attuale?
«Lo scopo dichiarato è far soldi, quindi quello che va di moda. Un altro mestiere rispetto a uno come me, che fa quello che si sente e ha un’élite dell’anima - come la chiamo - che lo segue nei cambiamenti».
Ai tempi del Vietnam, John Lennon faceva rivoluzioni. Oggi viviamo una guerra da un anno: la musica che ruolo ha?
«In tempi di social John Lennon o Bob Dylan sarebbero stati massacrati. Oggi nessuno vuole più esporsi. Qualsiasi cosa tu faccia cinquemila persone ti scrivono ‘pensa a cantare’».
Lei però non teme di metterci la faccia
«Si paga carissima questa scelta. Ma bisogna riuscire a guardarsi allo specchio».
Cosa fa scattare il suo dissenso?
«Che si continui a seguire narrazioni su cui nessuno pare porsi domande. Ho molta paura dell’omologazione». Mantova, invece, cosa le ricorda?
«Roberto Boninsegna! La prima volta che ho sentito parlare della città da piccolo era appunto per lui. È venuto a trovarmi quando ho presentato il mio libro al Festivaletteratura: mi sentivo un bambino di fronte a un grande. Anzi, lo invito a venire a sentirmi il 31».