Peste suina, nuovo focolaio in un agriturismo di Zinasco
ZINASCO
Sale a quattro il numero di focolai di peste suina africana in provincia di Pavia e a cinque il numero di allevamenti coinvolti. Dopo la scoperta del contagio in una struttura con 7500 suini (il proprietario è lo stesso dell’allevamento con 2mila capi contagiati) i controlli e le indagini epidemiologiche svolte da Ats, in stretta collaborazione con i veterinari e i tecnici regionali, hanno quindi accertato un nuovo caso, sia pure di piccole dimensioni, in un agriturismo, con annesso allevamento, con 4 maiali.
«ZONA CIRCOSCRITTA»
«Tutti i focolai si trovano in una zona molto circoscritta del Comune di Zinasco – precisano da Ats -. La Regione ha disposto per tutto il territorio lombardo dei protocolli per consentire, attraverso campionamenti mirati, la movimentazione dei suini solo dopo aver accertato l'assenza di circolazione virale in allevamento. Questi controlli straordinari resteranno in vigore sino a quando la diffusione dell'infezione si sarà arrestata. Inoltre le zone di restrizione già istituite, in base ad una decisione della Commissione Europea, verranno allargate per costituire una barriera sanitaria più ampia intorno ai focolai accertati».
Bruxelles infatti, proprio alla luce dei focolai in provincia di Pavia, intende identificare una zona di restrizione a livello dell’Unione, in collaborazione con l’Italia, misure che saranno esaminate tra il 14 e il 15 settembre nella prossima riunione del Comitato permanente Ue per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, mentre mercoledì 6 settembre, in Italia, va all’esame della Conferenza Stato-Regioni il "Piano Straordinario di catture dei cinghiali e Eradicazione della malattia", redatto da Vincenzo Caputo, commissario straordinario alla Peste suina africana.
In piano, già approvato in Commissione Agricoltura della Conferenza delle Regioni , fissa obiettivi anche numerici del prelievo dei cinghiali, praticamente raddoppiandolo e arrivando nel 2024 a 650mila esemplari, e al contempo delinea le aree "non vocate", ovvero quelle in cui il cinghiale non deve essere presente: i centri abitati e i distretti suinicoli.
GLI AMBIENTALISTI
Ma dopo il “no” agli abbattimenti del Wwf, arriva anche la contrarietà di Legambiente. «La caccia al cinghiale rischia solo di peggiorare la situazione – dicono da Legambiente Lombardia -. La priorità deve essere quella di proteggere gli allevamenti e prevenire la diffusione del virus, anche in collaborazione con le università».
Gli ambientalisti parlano di mancanza di una strategia chiara e chiedono di vietare la caccia nei territori colpiti. «La politica sta mettendo in campo improbabili azioni di controllo dei suini selvatici che rischiano di essere pezze peggiori del buco. Con gli allevamenti colpiti nel pavese, la diffusione del contagio alle aree degli allevamenti intensivi che riforniscono le maggiori Dop nazionali sembra essere solo una questione di tempo – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – è il momento di intensificare la prevenzione e i controlli sanitari negli allevamenti, mentre le misure nei confronti degli animali selvatici dovrebbero puntare ad evitarne la dispersione, più che ad attivare azioni di contenimento per le quali occorrono tempi, risorse e personale che non sono compatibili con la velocità di propagazione dell’epidemia». —
Stefania Prato