Aire, multe più alte a chi non si iscrive: «Comuni costretti a fare accertamenti»
foto da Quotidiani locali
Non bastano le centinaia e anche migliaia di pratiche per avere la cittadinanza italiana, presentate da oriundi di quarta o quinta generazione che arrivano dal Brasile. Non basta il normale lavoro di anagrafe che viene affrontato dal dipendente comunale (servirebbero più assunzioni ma c’è il blocco). Ora ci si mette anche la sollecitazione che arriva dal Governo, inserita nella legge di bilancio, di fare più accertamenti per scovare chi vive all’estero ma non è iscritto all’Aire. E su chi ricade tutta questa burocrazia, nuova e vecchia? Sempre sui Comuni, che hanno poco tempo e altrettanti pochi strumenti per mettersi a fare gli investigatori.
L’Aire è l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, istituita nel 1988: è una iscrizione obbligatoria per chi vive e lavora stabilmente all’estero e ha lì il centro dei propri affetti e degli interessi economici. Dopo un anno di residenza fuori dai confini nazionali, occorre iscriversi all’Aire: si viene tolti dagli elenchi dei residenti del proprio comune e inseriti in un elenco a parte. Ci sono conseguenze, ovviamente: prima di tutto si perde l’assistenza sanitaria e il medico di base in Italia. La casa in paese diventa seconda casa con gli obblighi economici che questo comporta (Imu, imposte varie, tariffe). Inoltre, non appena si entra nell’Aire si entra anche in una lista di sorvegliati speciali per il fisco che monitora la situazione per dieci anni, per vedere se realmente si è espatriati.
Questioni fiscali, ovviamente: una persona può portare in modo fittizio la propria residenza all’estero per non pagare le tasse in Italia. È un sistema illegale che va sotto il nome di esterovestizione, pratica che ha messo nei guai in passato personaggi dello sport e dello spettacolo. Nella recente legge di bilancio si ricorda che iscriversi all’Aire è un obbligo e chi non lo fa è soggetto a delle multe. Il tariffario è stato aggiornato: le sanzioni vanno da duecento a mille euro per ogni anno di mancata iscrizione, per un massimo di cinque anni.
La stessa norma parla anche di incentivi per i Comuni che aumentano gli accertamenti. «Ci dobbiamo mettere a fare gli investigatori?», si chiede il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin, che ha una partita aperta sul fronte dell’emigrazione, o meglio sull’aspetto specifico della richiesta di doppia cittadinanza che sta sommergendo di lavoro gli uffici del suo Comune. «Come si fa a stabilire da quanto tempo una persona è effettivamente e completamente all’estero per la maggior parte dell’anno e ha spostato altrove i propri interessi?», continua De Pellegrin.
Investigatori, appunto. Nei giorni scorsi, dopo che la notizia si è diffusa sulla stampa nazionale e sull’ultimo numero della rivista dei Bellunesi nel mondo, sono arrivate svariate telefonate al sindaco che per il suo interesse nella materia è diventato punto di riferimento anche per molti amministratori di altre province e regioni.
A chiamarlo sono stati soprattutto i suoi concittadini, molti dei quali vivono e lavorano all’estero per buona parte dell’anno: parliamo dei gelatieri, che da sempre sono considerati lavoratori stagionali: stanno via otto–nove mesi e gli altri li passano in valle.
Proprio i gelatieri in Germania furono investiti qualche anno fa da un’altra problematica, quella delle multe per il possesso di auto con targa tedesca. In questo caso una soluzione è stata trovata, l’iscrizione al Pra in un registro di veicoli esteri. Naturalmente chi è iscritto all’Aire questo problema non lo aveva e così molti gelatieri avevano presentato domanda in comune. «Domande respinte, ovviamente, perché non c’erano i requisiti previsti dalla legge per iscriversi all’Aire», sottolinea De Pellegrin.
Un classico caos all’italiana dove gli uffici comunali sono ancora una volta protagonisti o per meglio dire vittime a loro volta della burocrazia. Adesso si affaccia la nuova questione delle sanzioni per chi non si registra all’Aire. De Pellegrin una soluzione ce l’ha: «Anciché noi sindaci, ci pensino i consolati a fare gli accertamenti».
Il presidente dei Bellunesi nel mondo, Oscar De Bona, la mette sul politico: «Devono smetterla di affrontare i temi dell’emigrazione a spezzoni», afferma senza mezzi termini. «Oggi c’è un problema, domani ce n’è un altro. Occorre lavorare ad un quadro generale. E questo vale anche per la questione della doppia cittadinanza, lo ius sanguinis, che mette in difficoltà i Comuni».