Bullismo a Mantova, il prefetto insiste: «Ora un piano delle scuole»
Il diciassettenne pestato dal branco rinuncia allo stage. Il padre: «Rischia di incrociare di nuovo chi lo ha picchiato»
«Mio figlio tornerà a scuola lunedì prossimo, ma deve rinunciare allo stage che stava svolgendo all’Arci Tom. Quelli che lo hanno pestato sono ancora da quelle parti, liberi di fare ciò che gli pare». Il padre dello studente diciassettenne finito all’ospedale dopo essere stato circondato e picchiato il 14 marzo vicino alle sedi di Fermi e Vinci da un gruppo di coetanei, non si dà pace. Il suo ragazzo, oltre ad aver preso le botte, deve modificare il percorso formativo (è studente dell’Enaip) per il timore legittimo di incrociare ancora i suoi giovani aguzzini, studenti pure loro.
Le indagini
Alcuni degli aggressori sono stati identificati dalla polizia. Lo conferma lo stesso prefetto Gerlando Iorio: «Le indagini sono ancora in corso e della cosa si occuperà la procura dei minori di Brescia. Si è trattato di un episodio grave che conferma la necessità di intervenire in modo coordinato coinvolgendo più attori, dal mondo della scuola a quello dei servizi sociali e psicologici e le forze dell’ordine. Ma queste problematiche, che vanno oltre questo specifico episodio, non possono essere risolte con il solo intervento della polizia o dei carabinieri. Non basta. Per questo ho convocato due settimane fa i dirigenti scolastici, il Comune e altri soggetti istituzionali per predisporre progetti operativi e concreti di prevenzione del disagio e della violenza giovanile. Francamente avevo già evidenziato questa necessità un paio di anni fa sulla base di un’analoga esperienza maturata a Pistoia. Allora mi dissero che a Mantova questi problemi erano marginali».
Il prefetto si attende dopo Pasqua proposte concrete dal gruppo di lavoro formato da tre presidi per affrontare e prevenire disagio e bullismo tra adolescenti. Il pestaggio non è un episodio isolato: basta pensare alla rissa tra studenti del primo marzo in viale Risorgimento. «Bisogna innanzitutto coinvolgere i ragazzi, perché quelli violenti sono una minima parte- dice - le scuole possono essere un importante osservatorio per rilevare queste problematiche agli esordi. Per questo occorre coordinamento tra loro e tutti gli altri servizi, coordinamento e dialogo. Perché ogni ente coinvolto sta facendo in proprio iniziative, ma manca coordinamento e comunicazione. I violenti sono il più delle volte frutto di fragilità sociale e familiare. Ma occorre procedere con maggior celerità e convinzione. Se si ravvisa la necessità di un intervento delle forze di polizia, come nel caso di spaccio di droga, questo viene garantito. Ma non ci si può limitare a questo». Il prefetto auspica anche il coinvolgimento di fonazioni per garantire risorse economiche per finanziare progetti articolati di prevenzione.
La scuola
Sembra assodato che almeno una parte del branco che ha pestato il diciassettenne frequenti il professionale Vinci. Ancora non è chiaro cos’abbia spinto otto ragazzini a riempire di botte il coetaneo. Il dirigente del Bonomi Mazzolari Vinci, Roberto Capuzzo, parla di episodio grave. «Non è una baby gang, da quanto risulta si tratta di giovani che provengono da storie di gravi fragilità sociali e familiari – spiega - non si tratta di una giustificazione, ma è chiaro che occorre intervenire su più livelli per prevenire episodi come questo ed evitare che il disagio sfoci in bullismo e in violenza. Apprezzo l’iniziativa del prefetto, è intervenuto in supplenza ad altri soggetti che dovrebbero agire. Nel 2005 venne istituito un piano di zona col coinvolgimento di scuole, servizi sociali e Uonpia (neuropsichiatria infantile) per prevenire il disagio. Purtroppo l’esperienza è finita nel 2013 e non se ne è più parlato. Io sto scrivendo una richiesta indirizzata alla Provincia, ente competente sulle scuole superiori, per avviare al più presto un gruppo operativo con tutti i soggetti interessati per elaborare una strategia e interventi concreti a contrasto del disagio e della violenza giovanili».