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‘Stella Randagia’ di Piera Ventre, tra fantasmi e segreti di Napoli: una storia che rapisce

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Un libro che parla di sapori e colori della città di Napoli, ma anche di fantasmi: quelli che si aggirano a Palazzo Spinelli, quelli che ci portiamo appresso, nella mente e nei ricordi. Che ci tolgono il sonno. Ed è un libro che parla e che profuma di mare.

“Eccolo là, il mare. Scintillava, increspato dal venticello vespertino, e minuscole barchette lo solcavano. Il golfo, da quel punto, svirgolava terminando la sua curva col vulcano, quel Vesuvio distruttore dal cui cratere un pennacchio di fumo svaporava somigliando a una nuvola lievissima. Alle narici mi arrivò il salmastro mescolato a un umore tiepido, quasi che il sole si scomponesse in un insieme di molecole. Era terribile quella bellezza vista tutta assieme”.

Con Stella Randagia, pubblicato da NNE editore, Piera Ventre si conferma una delle voci più interessanti del panorama letterario contemporaneo. Non per altro: la sua scrittura viaggia per conto proprio, è anarchica, particolare, elegante. Con qualche termine desueto, ma ci sta.

Ma è anche la storia – un po’ fiaba e un po’ no – di Stella Randagia che rapisce. Rapisce perché stupisce. Quel che sembra non è.

La vicenda. Siamo nel 1909. Da un paesino del Friuli, arriva a Napoli la trentenne Esterina; l’io narrante. Ha trent’anni, è vedova. È figlia di una cultura contadina, ma è colta, grazie ai tanti libri letti. Il parroco del suo paesino le ha trovato lavoro presso una famiglia agiata, di Napoli, i Ribas, che vivono nel bellissimo Palazzo Spinelli, in via dei Tribunali. A Esterina, che prima d’allora non aveva mai visto il mare, viene affidato il compito di badare a Malvina, un esserino-mostriciattolo da nascondere a tutti, in una stanza.

Il loro primo incontro:

“Era indubbiamente una bambina, poiché di una bambina aveva le fattezze e le misure – sebbene ridotte – eppure ricordava una creatura acquatica, un pesce ricoperto di scaglie che qualcuno aveva martoriato con un coltello. E l’aspetto complessivo era quello di un abbozzo: tutto concertava all’incompiutezza di un disegno mal riuscito.
Quell’essere straziato si alzò a sedere e sorrise, stirò le labbra e la mucosa si aprì in più punti, quasi pure la bocca fosse stata incisa, scoprendo una chiostra di denti radi e minuscoli!”.

Giorno dopo giorno, Esterina verrà a conoscenza dei segreti di casa Ribas e, sempre più, si affezionerà a Malvina. Le due si prenderanno per mano e, così facendo, Esterina scoprirà qualcosa di ste stessa che aveva rimosso.
Nel libro ci sono anche le stelle. C’è la Cometa di Halley, presagio della fine del mondo, che fa impazzire di paura tutta Napoli e la famiglia Ribas, e c’è la Stella Randagia, omaggio dell’autrice a Pascoli.

“O tu, stella randagia, astro disperso,
che forse cerchi, nel tuo folle andare,
la porta onde fuggir dall’universo!”

Negli occhi di Piera Ventre non può che esserci il mare: quello di Napoli, dove è nata, quello di Livorno, dove vive.

Ha pubblicato Palazzokimbo (Neri Pozza) con cui ha vinto il Premio Pavoncella, “Sette opere di misericordia”(Neri Pozza) selezionato al Premio Strega e ha vinto il Premio Procida, “Le stanze del tempo” (Neri Pozza) è stato finalista al Premio Settembrini e al Premio Letterario Chianti.

L'articolo ‘Stella Randagia’ di Piera Ventre, tra fantasmi e segreti di Napoli: una storia che rapisce proviene da Il Fatto Quotidiano.















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