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Quella paura necessaria di Hänsel e Gretel: la favola in lirica incanta il pubblico di bambini al Piccolo Regio

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Il suono dei nomi di Hänsel e Gretel spaventa decine di generazioni di bambini da oltre duecento anni grazie alla perfidia sottile di quei due mascalzoni dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm. Eppure la loro favola famosa in tutto il mondo e nota, loro malgrado, a tutti i cuccioli di ogni ordine e grado continua a essere un rito d’iniziazione irrinunciabile in quegli anni di passaggio indesiderati per quasi chiunque, quelli che fanno diventare un po’ più grandi. Sulla trama di Hänsel e Gretel il compositore tedesco Engelbert Humperdinck – tra le altre cose collaboratore di Richard Wagner a Bayreuth – alla fine dell’Ottocento ha costruito un’opera fatta e finita, con libretto scritto dalla sorella Adelheid Wette (usava il cognome da sposata). Richard Strauss fu il primo a dirigerla nel 1893 e quasi con euforia: all’autore scrisse che si trattava di un “capolavoro di prima categoria”. Su questo titolo – quindi su un’opera lirica – il Teatro Regio di Torino ha scommesso per aprire la nuova stagione “In Famiglia”, un cartellone che mette insieme spettacoli, opere e concerti pensati per bambini e famiglie. E il successo non si scorge solo nel sold-out del Piccolo Regio, doppiato sia al debutto sia nella replica di domenica, quanto nell’entusiasmo con cui bambini e bambine, mamme e babbi hanno assistito a una rappresentazione teatrale di una favola arcinota, sì, ma messa in musica e perfino in quello strano modo di recitare cantando o cantare recitando.

Quella in scena a Torino è la versione ridotta e riscritta un po’ di tempo fa dall’intellettuale Lorenzo Arruga, in questo caso è disegnata dalla regia di Gianmaria Aliverta. Il risultato è che il liturgico silenzio in sala durante l’atto unico è rotto non solo dagli applausi, ma soprattutto dall’incantevole bisbiglio dei giovanissimi spettatori per commentare qualche scena o dei genitori chiamati a doverosi chiarimenti di ciò che si vedeva e che si sentiva sul palco. Aliverta, insomma, ha salvato la sua carriera: è noto che il pubblico dei bambini il più esigente – e quindi più sincero.

Altro che gioco da ragazzi. Per quanto la musica di Humperdinck trascini il racconto (è sufficiente come sample l’inquietudine che suscita il brano del cuculo), la prima difficoltà di mettere in scena una favola – che fa dell’immaginazione e della fantasia le provviste principali – può essere rendere l’aspetto magico: l’asticella rischia di essere alta davanti agli occhi attenti di bambini sempre più abituati a spettacoli mirabolanti ancorché digitalizzati al punto che ormai rischiano di vedere Harry Potter come si guarda agli effetti speciali del quasi centenne Mago di Oz di Judy Garland. Il secondo gradino da salire è rendere “credibili” i protagonisti che restano comunque due bambini e per ovvi motivi sono incarnati da quasi-trentenni, in questo caso la canadese Martina Myskohlid (mezzosoprano, Hänsel) e la bielorussa Albina Tonkikh (soprano, Gretel). Aliverta, anche grazie alle sue fidatissime Sara Marcucci (costumi) e Francesca Donati (scene), riesce in questa doppia operazione. Il regista novarese d’altra parte è abituato a sfidare se stesso portando i sacri testi della lirica in territori – diciamo così – “stranieri”: la sua evangelizzazione è orizzontale e verticale, porta l’opera fino in periferia, la fa pagare poco, la mette in scena con due lire, organizza un concorso per dare prime chance ai più giovani e seconde chance ai meno giovani. Questa volta il pubblico pagante è fatto di genitori, ma gli spettatori in platea sono i bambini.

La trama dell’opera segue pedissequa la favola per come si conosce. La matrigna, qui anche più igna del solito, è obnubilata dalla paura di essere povera in canna, come d’altra parte la famiglia è. Quando per sbaglio i figli rovesciano quel poco di latte rimasto, lei – imbestialita – manda Hänsel e Gretel nel bosco a raccogliere le fragole perché da mangiare in casa non c’è più niente. Quando lo viene a sapere, al ritorno dal lavoro, il marito sbianca e dice: ma come, nel bosco, c’è la strega che mangia i bambini al forno. “Cuoca delle tregende” viene chiamata nel libretto italianizzato, “bambini biscotti” insiste il testo riprendendo qui quasi letteralmente un’espressione della favola dei Grimm. Qui iniziano le avventure dei due fratelli. La paura, tanto per cominciare: attraversano il bosco dove naturalmente perdono l’orientamento: sono soli, è buio, sentono voci che sono l’eco delle loro grida, vedono “donne senza volto”. Questo vortice di spavento è sciolto dall’apparizione di Sandmann, l’uomo della sabbia, che rassicura i due piccoli e li fa addormentare sulla preghiera degli angeli custodi (quattordici angeli guardano il mio letto,
due la testolina, due i piedi, due a destra, due a sinistra). Qui, nel passaggio che porta al risveglio, Aliverta traccia una scena onirica, un’estetica quasi felliniana con i movimenti ovattati al rallentatore. I due fratelli, avviliti dalla fame, sognano o si immaginano una tavola imbandita portata dal mago Rugiadino che ha le sembianze del padre: al rallenti Rugiadino dalle quinte porta in scena il ben di dio (tutto è bianco, anche il suo abito, le candele accese sul tavolo), il risveglio dei ragazzini, il loro stupore e l’esultanza esplosiva di Hänsel. Tutto questo, al rallenti, provoca un effetto melanconico, quasi commovente, che ricorda da lontano la gioia irrefrenabile, stupita, ingenua del bambino della Vita è bella quando crede di aver “vinto un carrarmato vero”.

Ecco finalmente la casa di marzapane con le statuine che in scena sono rappresentante da bambini – questa volta veri! E bravissimi – che camminano col passo da zombie perché sotto incantesimo e perché “impastati” col marzapane. Fanno da umpalumpa della strega (Natalia Gavrilan), la Knusperhexe come da testo originale, la strega che fa “crunch”, all’anagrafe Rosina Leckermaul che da tradotto significa qualcosa come Rosina Bongustaia. E, nella regia di Aliverta, altri non è che la matrigna di Hänsel e Gretel, che loro non riconoscono, camuffata come una vamp, una speci edi Jessica Rabbit – i guanti rosso fuoco che arrivano fino al gomito – con i capelli rosa shocking. Ne viene fuori il senso dell’opera così come pensata dal regista: è lei, la matrigna, ad aver gettato Hänsel e Gretel nell’angoscia, nella paura del futuro, nel senso di inadeguatezza. I due fratelli possono liberarsene – in modo figurato – solo “gettandola” nel forno, lo stesso fuoco dove lei voleva infilarli per papparseli. Una visione quasi psicanalitica che è – può essere – uno dei diversi livelli di comprensione dell’opera, come accade a tutte le favole e in generale a tutte le storie destinate ai bambini. All’acme della trama – la strega che “condisce” Hänsel in vista dell’infornata – esalta le doti di regia, scene, costumi, protagonisti: Gavrilan rende l’aria ferina della Leckermaul soprattutto quando si toglie la parrucca rosa e rivela una crapa spelacchiata come da iconografia tra racconti di magia nera e Rocky Horror Picture Show; Myskohlid caratterizza il suo Hänsel con una sacrosanta leggerezza da preadolescente un po’ tontarello; la Gretel di Tonkikh esce come la prestazione più dinamica, fresca, autentica di una ragazzina genuina ma astuta, che all’inizio della storia veniva rassicurata dal fratello ma alla fine è quello che gli salva la vita. Nella casa di marzapane, sorpresa, era nascosto il segreto di crescere e magari crescere insieme incontro alla vita che viene.

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Info

Hänsel e Gretel | Engelbert Humperdinck
Versione italiana | Lorenzo Arruga
Produzione | Teatro Regio in collaborazione con il Conservatorio A. Vivaldi di Alessandria

Dove | Piccolo Regio di Torino
Repliche | venerdì 28 ore 20 – domenica 30 ore 16

Regia | Gianmaria Aliverta
Scene | Francesca Donati
Costumi | Sara Marcucci
Luci | Andrea Rizzitelli

Trascrizione per orchestra ridotta | Luca Tessadrelli
Direzione | Simon Krečič
Direzione coro voci bianche | Claudio Fenoglio

Cast
Hänsel | Martina Myskholid
Gretel |Albina Tonkikh
Peter | Eduardo Martínez
Madre/strega | Natalia Gavrilan (Madre/Strega)
Sandmann | Flavia Pedilarco

Web | www.teatroregio.torino.it

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