Aggressione razzista al supermercato, accusata 70enne di Lessolo. La vittima: «Mi ha fatto rivivere un trauma infantile»
IVREA. Ci sono avvenimenti che tornano in maniera ciclica nella vita di persone, gruppi familiari, intere comunità. Per Patrizia Gardis, 27enne di Ivrea, si è trattato di un trauma infantile che è riaffiorato durante un’aggressione razzista che si sarebbe consumata al Bennet di Pavone circa un anno fa e per cui il pm Ludovico Bosso ha appena concluso le indagini preliminari. Il condizionale ora è d’obbligo, perché la vicenda ha assunto rilevanza penale: l’autrice, secondo gli agenti del commissariato di polizia di Ivrea e Banchette, sarebbe una 70enne di Lessolo: Tiziana Farinella, difesa dall’avvocato Simone Buffo.
La situazione, di per sé, sembrava innocua. Patrizia era alla cassa del supermercato che chiacchierava con un’altra persona. Allora la 70enne avrebbe cercato di spingere con il carrello l’interlocutrice di Gardis per farsi spazio. E, alle rimostranze di Patrizia avrebbe risposto con un insulto razzista, che invitava la 27enne a «tornarsene al suo Paese» in virtù del colore della sua pelle.
Lei, lì per lì, aveva cercato di smorzare i toni con una battuta: «Guardi, signora, che io sono calabrese!», rivelando così parte delle sue origini: mamma dominicana e papà calabrese, appunto. Il problema, però, è che insieme a lei c’era suo figlio di 9 anni. Di fronte alla violenza di quelle parole, cosa può un bimbo? Fuggire. E in effetti è quello che ha fatto il ragazzino, allontanandosi dalla madre. Patrizia a quel punto è andata nel panico e si è messa alla ricerca del figlio. Nel frattempo, però, l’anziana non si sarebbe limitata ad andare via, ma avrebbe cercato nuovamente di speronare Gardis con il carrello, causandole una lesione lieve, guaribile in tre giorni. Di nuovo, allora, avrebbe usato un insulto sul colore della sua pelle e Patrizia, che cercava suo figlio, racconta di essere rimasta pietrificata, poi di esser stata vittima di un attacco di panico. Intorno a lei, tra chi era senza parole e chi, addirittura, rideva, nessuno dei clienti è intervenuto. Il direttore del supermercato e la cassiera, però, si sono fatti avanti appena resisi conto dell’accaduto per offrirle supporto. «Sono stati gentilissimi e mi hanno suggerito di denunciare», aveva raccontato Patrizia ancora.
Così la 27enne si è rivolta all’avvocato Celere Spaziante e insieme hanno sporto querela. Gli agenti del commissariato di Ivrea e Banchette hanno ascoltato i testimoni e cercato nelle immagini di videosorveglianza. Alla fine delle indagini sono risaliti a Farinella, che ora è accusata di lesioni, con l’aggravante della discriminazione razziale e di aver commesso il fatto davanti a un minore. Patrizia aveva già raccontato che quando suo figlio è ricomparso aveva spiegato di aver avuto paura e di essere scappato. Dopo un anno di terapia, però, ha fatto chiarezza anche dentro di sé. Ed è pronta anzitutto a svelare la sua identità, poi a raccontare perché quel giorno è rimasta pietrificata: «Io pensavo di non aver mai subito episodi di razzismo, ma ne avevo visto proprio uno che riguardava mia madre, di nazionalità domenicana, quando ero bambina. Eravamo al mercato di Ivrea, lei stava toccando delle stoffe e l’ambulante a un certo punto le ha gridato un insulto razzista, poi di non toccare. Mia madre però reagì e si scatenò un parapiglia. Io ricordo che in quella circostanza, mi vergognai, ero piccola e non capivo». Così ecco che Patrizia lo scorso 7 gennaio al Bennet è tornata di nuovo bambina, attraverso gli occhi di suo figlio. Avendo paura, tra l’altro, che quel ciclo di discriminazione non s’interrompesse più. Così ha deciso di rendere pubblica la sua vicenda, di mettersi in gioco perché tutto questo non accada più.
