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Nadal: “Non mi identifico con Sinner o Alcaraz. Non vivo pensando di essere stato un tennista”

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Rafael Nadal sta vivendo con serenità questo nuovo capitolo della sua vita senza tennis. O meglio, senza le competizioni. Perché il tennis è inesorabilmente parte di lui e lo sarà per sempre. Solo pochi giorni fa lo abbiamo visto assistere alle ATP Next Gen Finals a Jeddah, lui che da quasi due anni è ambasciatore della Federazione Tennis Saudita.

I giorni dell’ex campione spagnolo procedono così, tra doveri ufficiali e di rappresentanza e impegni con la propria Accademia. In un’intervista al quotidiano sportivo spagnolo “AS” Rafa si racconta con la sincerità che lo contraddistingue e la giusta dose di razionalità. L’occasione è la consegna del “Premio Leyenda” proprio da parte del medesimo giornale, anche se quando ti chiamano leggenda… cominci a sentirti davvero nei guai!, scherza il campione maiorchino.

Nadal sul ritiro: “Non vivo pensando di essere stato un tennista. Ho sempre pensato che mi sarei trovato bene nella vita di tutti i giorni”

Primo tema trattato non può che essere la vita dopo il ritiro. A poco più di un anno dall’addio durante la Coppa Davis, Nadal è felice della nuova quotidianità che è andato costruendosi.
È un cambiamento di vita, ma non l’ho sentito così tanto. Ho sempre pensato che dopo mi sarei trovato bene nella vita di tutti i giorni, che è la cosa più importante, e che avrei trovato la felicità personale in questa nuova fase. E sinceramente è così” confessa. “È vero che è passato solo un anno, che non mi sono nemmeno fermato molto, che ho fatto parecchie cose, ma senza alcun tipo di problema in nessun momento. Accettando in ogni momento la nuova vita e godendomela anche”.

Alla domanda se si sente ancora un tennista, come i presidenti che anche a fine mandato rimangono sempre presidenti risponde: “Non lo sento come tale. Io non vivo pensando di essere o di essere stato un tennista. È una fase che è chiusa; evidentemente siamo qui per questo, non perché sia stato qualcos’altro. Questo è chiaro, quindi nel ricordo ci sarà sempre. Ma non vivo la mia quotidianità pensando al tennis, se non in momenti puntuali in cui mi va di guardare qualcosa o, ovviamente, per l’Accademia, dove lo vivo un po’ di più nel giorno per giorno, ma da una prospettiva totalmente diversa”.

Uno sguardo lucido, ma mai distaccato da quel mondo che gli ha dato tanto e a cui ha regalato pagine di storia ineguagliabili. Rafa si gode il momento con la famiglia, lontano dalle esigenze stringenti che il tennis richiede. “Non mantengo nessuna routine fissa. Ho una vita un po’ più aleatoria rispetto a prima. Prima le mie giornate erano ABC: svegliarmi a una certa ora, allenarmi, fare preparazione fisica… Tutto praticamente ripetitivo giorno dopo giorno. Ora porto avanti le mie cose, ho le mie riunioni molte mattine, i miei viaggi di lavoro e cerco di solito di tenere i pomeriggi più liberi per stare con la famiglia”.

Insomma, niente ripensamenti “perché non stavo più bene” specifica Nadal, ricordando quegli ultimi due anni da tennista in cui il fisico lo ha implorato di pensare a un futuro altro. Per fortuna quella fase è totalmente chiusa e ben chiusa. Non sono mai stato uno di quelli che pensano “se potessi…”. Dicevo a Marc López che quando ero già ritirato e ci allenavamo lui pensava che, se tornasse, magari qualcosa potrebbe ancora fare… E io gli dicevo: “La fase è chiusa, amico”. Ora il fisico dà quello che dà e credo anche la testa”.
Arriva un momento, quando ti sei già fermato dalla routine, in cui non riesci più a riattaccarti spiega. “È molto complicato. Mi sono allenato un paio di volte con ragazze dell’Accademia, con Alina (Korneeva) e con Alex (Eala), semplicemente come sparring, sinceramente. Senza alcuna intenzione che non fosse passare un bel momento palleggiando, sostenerle e farle divertire. Così è stato e così la prendo: senza interesse né aspettative di nulla”.

Nadal e il momento attuale del tennis: “Non mi identifico con Sinner o Alcaraz. Io capitano di Coppa Davis? Perché no, magari un giorno…”

Il fulcro della conversazione poi si sposta sui temi dell’attualità tennistica. Rafa sente di guardare il tennis in totale serenità, con l’occhio da spettatore, anche se la lente d’ingrandimento del tennista è impossibile da tenere a bada.
Evidentemente c’è un po’ di deformazione professionale, analizzare quello che sta succedendo, cosa avrebbe dovuto fare uno o l’altro, ma con totale serenità. E in realtà, quando guardo il tennis — cosa che non è successa molto, solo alcune partite che mi andava di vedere — me lo godo da spettatore, anche se inevitabilmente analizzo un pochino da tennista. È impossibile non farlo”.
Lo spirito critico del campione emerge quando gli viene chiesto se quello che vede in campo è di suo gradimento. “A tratti sì, a tratti no, come è logico. Proprio come quando giocavo: a volte mi piaceva il tennis dei miei avversari e altre volte meno. Ho visto poche partite, alcune non mi sono piaciute, altre sì… Come tutto: ci sono momenti per tutto”.

Inevitabilmente, i nomi di Carlos Alcaraz e Jannik Sinner emergono nell’analisi. La nuova diade del tennis che sta lasciando le briciole agli avversari. La sovrapposizione tra lo stesso Nadal e Carlitos è spesso riproposta, per nazionalità e precocità. Con franchezza ferma, il maiorchino ammette di non rivedersi nel connazionale, ma neppure nell’azzurro.
Non mi identifico con nessuno dei due. Sono giocatori diversi da quello che ero io. Credo che Carlos sia più imprevedibile: commette più errori, fa punti più spettacolari, a volte non ha un canovaccio di gioco così definito, il che lo rende imprevedibile e divertente per lo spettatore. Jannik è un giocatore più metodico, concentrato, con un modello di gioco più definito e che aggiunge cose poco a poco, per questo è così solido e perde pochissime partite analizza. A volte sembra che Carlos sia più confuso, ma quando guardi i risultati ha avuto un anno incredibilmente regolare e solido in tutti i tornei importanti. Per questo mi fa sorridere quando sento dire questo: i risultati dicono il contrario, è il mio punto di vista”.

A proposito di rivalità, l’idea di creare un circuito di esibizioni insieme a Roger Federer ancora non decolla, ma le porte sono tutt’altro che chiuse, perché l’adrenalina che l’agonismo regala è difficile da rintracciare altrove. “Credo che non sarà mai più la stessa cosa, né lo pretendo. Ma in futuro, chi lo sa? Se ci divertisse, se riuscissimo a fare qualcosa che abbia senso e che ci piaccia… perché no? Non c’è nessuna porta chiusa al tornare a prendere in mano una racchetta, ma dovrei prepararmi con attenzione. Quando esci a giocare, vuoi essere pronto, e in questo momento non lo sono. Avrei bisogno di tempo”.

Nadal non sembra avere piani definiti per il futuro prossimo. La priorità adesso è riorganizzare la nuova vita attorno alla propria famiglia, con impegni che concilino i figli e qualche compito all’interno del mondo del tennis. Se ad allenare non si vede proprio perché sarebbe costretto a lunghe trasferte lontano da casa, non esclude di poter diventare un giorno capitano di Coppa Davis.
“Ho sempre avuto il massimo rispetto per quello che potrà succedere in futuro, perché ciò che uno prova oggi non è ciò che proverà tra un po’ di tempo. La vita cambia, e ancora di più quando hai bambini piccoli: vedi la vita in un certo modo, passano alcuni anni e cambia. Viaggiare in modo continuativo? Non mi vedo. Essere allenatore implicherebbe questo, e al momento non si adatta alla mia vita. Essere capitano di Coppa Davis un giorno? Perché no? Potrei divertirmi… O no. Mi sono appena ritirato; è troppo presto per pensarci. Rispetto i processi vitali e di adattamento. In questo momento non è il caso di pensarci”.

Nadal su Federer e Djokovic: “Contro Roger la mia tattica era chiara, con Nole la superficie faceva la differenza”

Insieme a Federer e Djokovic, Nadal ha dato vita a una rivalità leggendaria. “Davo ciò che avevo, senza segreti: cercavo di trovare soluzioni in ogni momento. Se qualcosa funzionava, cercavo di ripeterla; se non funzionava, cercavo di cambiarla” dice a proposito delle strategie escogitate per battere Roger e Nole. “Non ho niente da nascondere che non abbia mai detto. Mi piacerebbe dirle qualcosa, ma sarebbe una bugia”.

Con Federer il piano era chiaro, soprattutto all’inizio: pressare il rovescio con palle alte molte volte, finché restava più fermo aspettando di nuovo il colpo e allora io potevo cambiare verso il dritto” ammette.
Con Novak era più imprevedibile. Sulla terra cambiava un po’ più rispetto al cemento. Sul duro, negli ultimi anni, quando il fisico non mi permetteva più certi sforzi, mi risultava molto più difficile. Per avere possibilità avevo bisogno che il fisico rispondesse e non lo faceva. Dovevo accorciare i punti, e battere Novak in due o tre colpi era molto difficile […] Sentivo che le mie possibilità erano maggiori sulla terra o sull’erba che sul duro, soprattutto negli ultimi anni”.

“Ho avuto una carriera molto lunga e sono stato molto felice. […] Non ci penso di solito, ma quando penso di aver vinto 14 Roland Garros… È qualcosa di molto difficile da capire. O 12 volte a Barcellona o che sono stato non so quanti anni di fila senza uscire dal top-10 [912 settimane], avendo tanti infortuni e mesi fermo. Questo è un record di cui sono soddisfatto: parla di perseveranza e continuità. Ne è valsa la pena”.

Rafa è fiero della sua carriera e non potrebbe essere altrimenti. Ma è contento anche di come è riuscito a gestire un successo che gli è piovuto addosso da giovanissimo. “Ho avuto la fortuna che, quando tornavo a casa, conducevo una vita normale. Vivere a Maiorca, a Porto Cristo, è stato fondamentale. Lì potevo comportarmi con totale libertà: uscire, andare in spiaggia, al supermercato, al cinema come fa chiunque. Nei tornei, nelle grandi città, era più complicato. Questa combinazione mi ha permesso di mantenere l’equilibrio tra la mia vita come personaggio pubblico e la mia vita reale. Mantieni le radici: amici di sempre, famiglia. Torni sempre alla realtà. L’altro è un mondo irreale e passeggero, che è durato molti anni, ma sai che finirà”.

Nadal e il futuro prossimo: “Sto cercando di capire cosa mi piacerebbe fare da grande. Entrare in politica? Mai”

Gli ultimi scampoli di intervista sono dedicati al futuro in senso stretto. Nadal sta ancora cercando di capire il proprio ruolo dopo il ritiro, ma non ha fretta. Per il momento si divide tra i doveri di papà – il più grande ha tre anni e già si diletta con la racchetta, ma “ha preso anche una mazza da golf, una palla da calcio… e anche i pennelli. È un bambino di tre anni che si diverte, va a scuola e si gode ogni giorno al massimo” – e la sua Accademia.

“Io non credo di essere stato eccellente. Mi sono sempre impegnato per dare la mia versione migliore. Ora sto imparando ciò che posso, cercando di capire cosa mi piace di più e cosa mi piace di meno di questa nuova fase. Ho la fortuna di poter dedicare più tempo a ciò che mi piace. Sono in un periodo in cui sto scoprendo cosa mi piacerebbe fare “da grande”. […] Cerco di imparare, di stare con persone che mi aiutino a evolvere. E poi ci sono altre cose che continuo a fare, che a volte mi entusiasmano di più e a volte di meno. Pian piano si definirà la strada”.

Una cosa pare appurata: Rafa non si vede in politica. “Sanno che non avrei molte possibilità di riuscita. Non credo che questo sia un momento piacevole per entrare in politica: è tutto molto teso. Sarebbe bene tornare alla razionalità, a non insultarsi, a pensare al bene generale. I politici hanno un impatto importante sulle nostre vite. Dovremmo tornare a uno stato di maggiore tranquillità, far sì che tutto torni al suo corso e che tra di loro ci sia più rispetto. Che non sembri sempre una partita di calcio. Il bene generale sta in ciò che si fa, ma anche in come lo si fa. E ciò che si trasmette di solito è troppa tensione”.















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