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Декабрь
2025

Se quei “no” alla scuola intitolata a Ramelli riportano le lancette indietro (e la peggiore sinistra)

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Esprimo profondo sdegno per le parole anacronistiche e fuori contesto con cui la CGIL di Lecce ha voluto cavalcare, con un’arida polemica, contro la più che giusta intitolazione di una scuola superiore di Nardò a Sergio Ramelli. La reazione della CGIL a questo doveroso tributo ad una vittima degli anni di piombo non è soltanto sbagliata. È vergognosa.

Ed è il punto di arrivo di una lunga deriva che ha trasformato, quello che un tempo era un sindacato, in un apparato politico ideologico, sempre pronto a fare propaganda e sempre assente quando si tratta di difendere davvero i lavoratori. Siamo di fronte, infatti, a un’organizzazione che non rappresenta più il mondo del lavoro, ma una sinistra rancorosa, incapace di fare i conti con la storia e ossessionata dalla necessità di mantenere vivo un conflitto che deve essere funzionale a una militanza che non ha mai davvero rinunciato alla cultura dell’odio.
Con che coraggio la CGIL definisce “revisionismo storico” un atto di memoria condivisa, che vuole consegnare agli studenti un periodo buio che ha segnato duramente la nostra Italia? La CGIL conosce la storia degli Anni di piombo? La CGIL sa che Sergio Ramelli fu ucciso nel 1975 a colpi di odio ideologico da militanti di Avanguardia Operaia? Non per un’azione violenta, non per un reato, ma, banalmente, per un tema scolastico.
In quel tema Sergio criticava l’operato delle Brigate Rosse e il mancato cordoglio istituzionale per l’uccisione di due militanti missini a Padova, esprimendo posizioni controcorrente e di destra. Da quel tema, sequestrato e affisso in bacheca come atto d’accusa, si propagò la scintilla che scatenò una serie di aggressioni contro Ramelli, culminate nel suo brutale omicidio a colpi di chiave inglese da parte di studenti di estrema sinistra nel marzo di quel ’75, portando alla sua morte dopo 47 giorni di agonia.
Dovremmo pensare che per la CGIL di Lecce tutto questo è legittimo? Ritengo le dichiarazioni di questo sindacato molto gravi, anche per il clima di giustificazionismo che vanno a fomentare. E in questi tempi, dove è diventato una moda incitare alla morte del Presidente del Consiglio, dove si cerca di riaccendere in tutti i modi la fiamma dell’odio politico, non abbiamo bisogno di “soloni” che, invece di occuparsi dei problemi dei lavoratori, si fanno beffa di Sergio e – con lui – dei tanti ragazzi uccisi, dall’una e dall’altra parte, in quel terribile tempo.
È proprio ricordando quelle morti che la scuola riscopre il suo ruolo di agenzia educativa che trasmette i valori fondanti della Repubblica. Quei morti non sono proprietà di un partito, ma della storia di tutti noi.
*Senatrice di FdI e responsabile del Dipartimento Tutela Vittime del partito

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