Collegamento con la Pusteria, ecco i soldi. Firmato l’accordo con i Fondi di confine
Con la firma della convenzione tra il Comune di Comelico Superiore e il Fondo dei Comuni di confine, avvenuto lunedì nella sede della Provincia a Belluno, si è posta una pietra miliare alla costruzione dell’anello sciistico tra Padola e il confine con la Pusteria, collegato poi con il carosello altoatesino.
A porre la firma c’erano il sindaco Marco Staunovo Polacco e il presidente del Fcc Dario Bond. La convenzione firmata ieri fa seguito a quella siglata con la Regione Veneto, cioè con i due attori della partita che mettono i soldi pubblici, 4 milioni la Regione e 30 milioni i Fondi di confine.
A solennizzare l’evento, la presenza del senatore Luca De Carlo e dell’assessore regionale Gianpaolo Bottacin.
A cosa servono le due convenzioni? A mettere a disposizione del Comune i fondi stanziati. Ma non è ancora il momento di utilizzarli. Come ha spiegato il sindaco c’è una parte burocratica da perfezionare, serve cioè la Valutazione di impatto ambientale che spetta alla Regione: di solito si tratta di un passaggio di non poco conto, ma in questo caso gli ostacoli da superare erano altri, la Valutazione dell’incidenza ambientale regionale e la Valutazione paesaggistica.
Il progetto definitivo c’è e ha avuto il via libera della Sovrintendenza. «La Via regionale è la somma di tutte le autorizzazioni», ha spiegato il sindaco, «passando ad esempio per gli aspetti valanghivi che devono essere affrontati, o per la parte idraulica». Dalla valutazione di impatto ambientale si esce in pratica con il permesso di costruire. Si stima che ci vorranno dai sei agli otto mesi per completare l’iter.
Il costo dell’opera
Sul piatto ci sono al momento quasi cinquanta milioni di euro: 30 dai Fondi di confine, 4 dalla Regione, 15 milioni dagli imprenditori privati.
Quest’ultima partecipazione però ha bisogno di una gara pubblica. C’è da sempre la disponibilità della società 3 Zinnen Dolomites e del suo presidente Franz Senfter a investire molti soldi per collegare i due comprensori sciistici, ma ci sono delle leggi da seguire che prevedono appunto una gara pubblica per cercare l’investitore privato.
Finita la parte burocratica e dopo aver spiegato all’Europa il ruolo dei soldi pubblici in una impresa commerciale (e qui la parte culturale, storica e ambientale ha sicuramente un peso), si passerà finalmente ai lavori. L’ipotesi più favorevole è quella di aprire gli impianti per la stagione invernale 2026/2027.
«Ci servono due stagioni per fare l’opera», ha assicurato il sindaco.
Storia lunga e complicata
Il progetto di collegamento sciistico con la Pusteria ha una storia lunga e travagliata. Dodici anni fa, nel 2012 i Fondi di confine (allora si chiamavano Fondi Brancher, poi diventati Fondi Odi) hanno cominciato a stanziare i primi milioni di euro, dieci, che non erano sufficienti. È stato Dario Bond a raccontare lunedì come nella programmazione 2013 - 2018 fossero stati trovati altri 15 milioni, con un milione messo dal Comune di Comelico Superiore.
I soldi quindi c’erano, anche se i costi continuano a lievitare e vanno aggiornati anche adesso, ma mancavano le autorizzazioni, in particolare della Sovrintendenza. Tutti hanno ricordato una riunione al ministero «da cui siamo usciti morti», come ha detto Bottacin, con un no della Sovrintendenza che sembrava un ostacolo insormontabile.
Cosa è cambiato? Il sovrintendente prima di tutto, Fabrizio Magagni, «che ci ha dato gli input giusti, cioè la valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio culturale e storico», ha spiegato Bond. «Lui è andato a scarpinare in Comelico, a conoscere il territorio, a vedere quali ricchezze l’ambiente poteva darci».
E poi ci sono stati i comeliani, che non si sono arresi di fronte al no romano, ma «hanno dimostrato concretamente», ha aggiunto Bottacin, «che i montanari sono perfettamente capaci di fare progetti di sviluppo del territorio. D’altra parte la tempesta Vaia ci ha insegnato molto: grazie ai soldi e alle deroghe abbiamo avviato 2500 cantieri e sfido chiunque a dire che è stato devastato il territorio».
Un riconoscimento alla tenacia di chi vive in montagna è arrivato anche da De Carlo: «Siamo partiti da un no e siamo riusciti a farci dire sì, trasformando un vincolo in una opportunità: il supporto popolare è stato grandissimo». E a chi dice che si danneggia l’ambiente del gallo forcello «dico che è più importante salvare l’uomo che poi sarà in grado di tutelare anche il gallo forcello».