Crollano le richieste ai centri antiviolenza
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L’ansia delle operatrici: «Le nostre sedi devono restare aperte, ma gel e mascherine di protezione stanno finendo». Servizi anche su Skype e con WhatsApp
MANTOVA. La preoccupazione è doppia. Anzi, è moltiplicata per tutte le donne coinvolte in questa larga relazione d’aiuto. Per le professioniste chiamate a reggere sulle proprie spalle i centri antiviolenza, e per le donne in fuga da una ferocia che spesso trova espressione tra le mura di casa. Mura dentro le quali l’ombra del contagio ha ricacciato tutti quanti, esasperando le tensioni e la prevaricazione. «Una bomba a orologeria» avverte Claudia Forini, della cooperativa sociale Centro Donne Mantova, che gestisce uno dei tre centri antiviolenza della provincia.
La denuncia dei maschi maltrattanti, processo faticoso che muove da una consapevolezza dolorosa, si è infranta contro l’emergenza sanitaria: le richieste d’aiuto si sono ridotte drasticamente. Anche perché per giorni i centri antiviolenza sono rimasti a mollo in un limbo d’incertezza, mentre l’attenzione di tutti si concentrava sui luoghi di lavoro. Ad affermare la continuità del servizio sono quindi intervenuti il ministro Bonetti e Regione Lombardia.
«Ci siamo sempre – scandisce Forini – una di noi a turno presidia il centro, ma siamo attive anche con modalità diverse, abbiamo aperto un canale YouTube, siamo raggiungibili su Skype, attraverso WhatsApp, con sms e per email». Il numero è 3899151596, l’indirizzo di posta elettronica info@centrodonnemantova.it. «Qualche suggerimento? Se avete bisogno di aiuto, trovate il modo e il momento di contattarci, quando andate a buttare la spazzatura, o a portare fuori il cane, o siete sole al supermercato, oppure mentre l’acqua scorre nella doccia. Cercateci, anche solo per parlare». Per i casi più urgenti, resta aperta la possibilità di fissare un appuntamento di persona, e per le situazioni di pericolo è opportuno comporre il 112. È attivo anche il numero antiviolenza nazionale 1522.
Insomma, nessuna deve sentirsi sola in questa situazione estrema, che accentua il senso di abbandono e soffocamento. Situazione che il procuratore di Trento ha deciso di affrontare dal verso giusto, allontanando da casa i compagni violenti e non costringendo le donne a cercare rifugio negli alloggi protetti. Approccio che Forini vorrebbe fosse adottato in tutta Italia, anche quando il virus non farà più paura.
E spaventate lo sono anche loro, le professioniste del Centro Donne Mantova: «La Regione ci obbliga a stare aperti, giustamente, però non ci fornisce guanti, gel, mascherine. Ce li siamo procurati da sole, ma stanno per finire. E adesso?». E poi ci sarebbe anche il problema dei fondi. La Regione ne ha promessi di freschi e in tempi rapidi, ma a Mantova si aspettano ancora i soldi di un progetto concluso a luglio. La rapidità è un’altra cosa.