Mantova, appello per aiutare la Pneumologia: il dottor De Donno ormai è un simbolo
La testimonianza del giornalista del Tg2, Luciano Ghelfi: «Tutti possiamo fare la nostra parte, anche a distanza»
MANTOVA. Non avrei mai pensato di scrivere che la mia vita è appesa a un filo. Invece è proprio così. Sia chiaro, niente di grave, anzi. Sta molto peggio di me chi vede la sua vita appesa al filo del respiratore. Io sto a casa e il filo da cui dipende (metaforicamente) la mia vita è quello del telefono, su cui scorrono anche i dati di internet. Ci scorre il mio essere quirinalista a domicilio, ci scorre lo smart working di mia moglie, così come le lezioni universitarie di una figlia e quelle liceali dell’altra. Se malauguratamente quel filo si dovesse interrompere saremmo tagliati fuori dal mondo.
Viaggiano sullo stesso filo anche le notizie dalla mia Mantova, da cui il cuore non si è mai spostato, neppure dopo 29 anni di Rai, traguardo tagliato proprio in questi giorni. Bollettino dopo bollettino mi ha preso sempre di più un groppo in gola vedendo i numeri provinciali del contagio crescere in modo allarmante. Non come Brescia, ma quasi.
Ho pensato ogni giorno ai miei familiari, ai conoscenti, ai tanti pezzi della mia vita. Sto inanellando le notizie di amici che si ammalano. Un rincorrersi affannoso di messaggi, per chiedere notizie, per far sapere che non si è soli, per quanto può valere un whatsapp.
E la spunta blu di avvenuta lettura rappresenta un sollievo: “Se l’ha letto, allora non starà poi così male”.
Sul filo del telefono viaggiano fra Mantova e Roma notizie buone e cattive.
I nostri caduti in questa battaglia. Chi ce la fa, e supera questa brutta bestiacccia, e chi purtroppo no.
Amici e colleghi, come Luca Barlera, il fotografo di tanti servizi nei miei anni in Gazzetta, con cui la vita si è accanita. Oppure come Massimo Vincenzi, più giovane di me, ma come me giornalista alla conquista del mondo con Mantova nel cuore. Le lacrime sul filo del telefono non viaggiano, ma è come se lo facessero.Da fuori vedo anche una comunità che reagisce e sa esprimere tanta solidarietà. Quella delle istituzioni e quella dei singoli. Verso gli anziani, ad esempio.
Rappresentano la categoria più a rischio, ne stanno morendo tantissimi, molti di più di quanto non ci raccontino le statistiche ufficiali. E allora applausi al servizio gratuito offerto dal Comune di Mantova per andare a fare la spesa al posto loro. L’ho sperimentato personalmente quando la mia congiunta che se ne occupava ha avuto un piccolo malessere e per precauzione non poteva rifornire mia madre, che fra tre settimane compirà 89 anni.
Ho fatto da Roma lo 0376/376860, il numero dei servizi sociali, e ho trovato gente solerte e umana. Spero che qualcosa di simile funzioni nel resto della provincia, è un tassello essenziale della strategia dell’#iorestoacasa fare sì che gli anziani soli non debbano andare al supermercato o in farmacia, mettendo a rischio la propria salute.
Possono fare di più le istituzioni? Non lo so, tutto è perfettibile. Di certo gli anziani soli non sono l’unica categoria in difficoltà.
Penso ai tanti giovani (e anche meno giovani) il cui lavoro è messo in discussione. Precari e partite Iva che se non lavorano non hanno introiti, e quindi possono finire in difficoltà per fare la spesa, per le cose più essenziali. Non sarà facile per i comuni dare risposte adeguate, con i fondi a disposizione. Ma bisognerà provarci.
Per fortuna esiste anche la solidarietà diffusa e quella che si organizza, o si auto organizza. Anche nella nostra Mantova. Tutti possiamo fare la nostra parte, pure a distanza.
Mi hanno chiesto di firmare un appello che si chiama “Mantova per Mantova”. Basta la prima frase per capire: “Siamo mantovani che hanno deciso di non tenere le mani in tasca”.
Di raccolte fondi ce ne sono tantissime, tutte assolutamente meritorie. Io e gli altri firmatari dell’appello abbiamo deciso di concentrarci sul sostegno alla Pneumologia del “Carlo Poma”. Faccio un nome su tutti, perché è diventato un simbolo, il direttore di quell’unità, Giuseppe De Donno. Il suo “non fate i mammalucchi” è diventato uno slogan, un hashtag, come si dice al tempo dei social network, #nonsiamomammalucchi. È un colorito invito a stare a casa, chi può, a non fare sciocchezze. Con il dottor De Donno immagino (e immaginiamo) di aiutare i tantissimi medici e paramedici che si dannano l’anima ogni giorno nella trincea più avanzata, quella degli ospedali, dove di apparecchiature e di dispositivi di protezione personale non ce n’è mai abbastanza. Ho parecchi amici fra il personale sanitario, alcuni mi scrivono in privato cose terribili e toccanti proprio dall’interno dei nosocomi mantovani, mi ripetono come un disco rotto l’invito alla prudenza.
Chi può permetterselo, dia una mano concreta, a questa raccolta fondi o a un’altra poco cambia. Tante gocce formano un mare. Questa maledetta guerra ha bisogno di straordinario impegno da parte di tutti, chi sta al fronte merita tutto il sostegno possibile. Solo così potremo abbreviare il tempo che ci separa dal tornare a farci una vasca sotto i portici, senza guanti, senza mascherine e senza paura.
P.S. Per fare una donazione a favore della Pneumologia si può cercare “Mantova per Mantova” sulla piattaforma GoFundMe, oppure direttamente attraverso un bonifico bancario sul conto corrente dell’Asst di Mantova IBAN IT65S 0503411501000000072000, causale “raccolta fondi Mantova per Mantova”.