Mantova, la Pasquetta al Martelli: Tarabori apre il magazzino dei ricordi biancorossi
MANTOVA. A guardia del Martelli ai tempi del coronavirus è rimasto Davide Tarabori, storico collaboratore del Mantova che perfino a Pasquetta si assicura che tutto funzioni con gli irrigatori del campo. «Ma ho il magone ogni giorno quando arrivo e stadio e spogliatoi sono vuoti e silenziosi. Mi manca perfino il campanello della porta, che odiavo perché suonava 50 volte al giorno. Adesso non so che pagherei per sentirlo squillare di nuovo». Meglio allora aprire il magazzino dei ricordi e sorridere un po’ con qualche gustoso aneddoto tratto dall’agenda rossa su cui Tarabori raccoglie anno dopo anno tutta la sua vita nell’Acm.
Ci racconta com’è stata questa stagione vista dagli stanzoni degli spogliatoi?
«Una bella cavalcata frutto di un gruppo davvero coeso come qui ne ho visti pochi. A partire dal pres (Masiello, ndr) che tuttora viene al campo per assicurarsi che sia tutto a posto e a volte avvia di persona gli irrigatori del prato. Non ho mai visto un presidente così. Poi c’è Righi, che vuole prendersi sempre le colpe e fa da parafulmine per tutti. Per quanto riguarda i mister, nulla contro Brando, anzi. Ma devo dire che con Garzon e Cuffa i ragazzi hanno ritrovato il sorriso, la voglia di allenarsi. Questi due sono una bella coppia: uno tutto fuoco, l’altro pacato e preciso... E poi ci mettono il cuore e si vede. Meriterebbero di festeggiare la C sul campo».
Andiamo oltre, fra i calciatori come va?
«Giorgi e Scotto sono i primi ad arrivare e a escogitare scherzi a raffica. Guccione è la loro spalla, ma anche i ragazzi giovani stanno al gioco. Il team manager Mascotto spesso ci va di mezzo: memorabile la volta in cui gli attaccarono sulla Porsche un cartello “occasione” col suo numero di telefono. Non so quante decine di chiamate ricevette in pochi giorni... Insomma, i giocatori sono molto uniti, fra loro c’è grande rispetto e questo si vede anche in campo».
L’anno scorso non era così?
«C’era un buon clima anche l’anno scorso, ma non così. Il campionato però non l’abbiamo perso certo per problemi interni. Abbiamo sbagliato la partita di Rezzato, pagando come ha detto Morgia la sfida di Coppa a Matelica e l’aver fatto la guerra all’andata a Di Loreto, che poi al ritorno ha messo soldi sul piatto pur di spingere i suoi a batterci. Che peccato, ricordo ancora quante punture si fece Scotto per giocare nonostante i fastidi al ginocchio. Siamo stati sfortunati e forse il Como ha vinto anche per maggiore cativeria. Lì ho visto cose turche. Prima della partita, nel tunnel davanti ai commissari di campo, i comaschi sputavano sui piedi dei nostri calciatori, li insultavano e minacciavano tirando anche pugni contro il muro. Una roba assurda, i nostri giovani erano spaventati».
Riavvolgiamo ancora il nastro della memoria: quali mister ricorda con più piacere?
«Devo dire che il più elegante e gentile era Costacurta, un vero signore. Ricordo però che quando andò via ci disse con sincerità “mi resterete nel cuore ma è meglio così, questo mestiere non fa per me”. Si sentiva ancora troppo giocatore. Quello a cui facevo fatica anche a portare la roba, invece, era Mario Somma. Poi c’è Juric, un caso a parte: arrivava alle 8 del mattino e andava via alle sette e mezza di sera. Un lavoratore instancabile e capace, che errore lasciarlo andare via... Io gli ho fatto il trasloco e so bene che voleva restare, la moglie e le figlie avrebbero fatto carte false per rimanere a Mantova».
Ma Juric era anche un personaggio particolare...
«Potete dirlo forte - sorride Tarabori -. Ricordo quando andai a prenderlo a Mantova Nord al suo arrivo in città: nel tragitto gli descrivevo i monumenti, lui mi chiese invece di portarlo al campo nomadi, voleva cominciare a conoscere Mantova da lì. E poi era molto irruente: una volta nell’intervallo di una gara spaccò una vetrata con un pugno, c’era sangue dappertutto... Insomma, era meglio non farlo arrabbiare. Quando è andato via mi ha lasciato in dote una mazza da baseball e scherzando mi ha detto: in caso di necessità, usala».
Passiamo ai calciatori, quali le sono rimasti nel cuore?
«È facile dire Graziani, Bellodi, Spinale. Con loro ho avuto grandi rapporti, sono bandiere vere. Ma con tutti i ragazzi ho un bel dialogo: ormai potrei essere il papà di molti di loro e dunque cerco di aiutarli a inserirsi, specie i più giovani. Sono tutti stupiti della piazza, dell’attenzione dei giornali... Io dico loro che i tifosi li ameranno, a patto di non fare gli stupidi. E ai mister di non fare i furbi con i media, perché ci sono cronisti che di calcio capiscono davvero».
Ma quante ne ha viste negli anni in quel tunnel che porta al campo?
«Ho visto di tutto, dal campione del mondo Buffon che uscì battuto dal Martelli a Bersi e Franchi che dormirono per giorni sulle brandine nella pausa pranzo quando facemmo il ritiro a Mantova anziché in montagna. Poi magari a volte ho preso qualche multa anch’io, perché con gli arbitri in certe circostanze è proprio difficile tacere... Ecco, questa è una cosa che mi fa male: l’Acm è stata sempre un po’ bistrattata, anche se quest’anno è andata un filo meglio».
Come immagina finirà questa stagione?
«A me piacerebbe che si tornasse a giocare, perché una promozione va festeggiata sul campo. Se questo non fosse possibile, però, non facciano scherzi: noi dobbiamo andare in C, l’abbiamo strameritato e nel girone non c’era nessuna squadra in grado di ostacolarci, nemmeno il Fiorenzuola. L’importante adesso è che stiamo tutti bene, dopo il grande spavento che abbiamo preso col doc (Ballardini, ndr). Sento spesso i ragazzi e stiamo aspettando a giorni la bella notizia da Aldrovandi, che sta per diventare papà. Poi, se non si giocasse più, c’è la promessa di vederci comunque qui allo stadio per andare a mangiare una pizza tutti insieme: ammesso che riaprano almeno le pizzerie...». In caso contrario, Tarabori è pronto ad allestire tutto negli spogliatoi ricorrendo alla consegna a domicilio. In una società di calcio, del resto, il ruolo del magazziniere è spesso abbinato a quello di “risolutore di problemi”. E nel Mantova Davide in 16 anni di problemi ne ha visti e risolti davvero tanti.