Mantova, dalla Regione in arrivo i soldi per le Rsa
La giunta stanzia i fondi per ripianare il buco di mesi di posti letto vuoti. Ma la stretta sulle visite riduce ancora gli ingressi
MANTOVA. Le case di riposo tirano un sospiro di sollievo. Dopo il lungo periodo nel quale hanno dovuto far quadrare bilanci sempre più risicati a causa delle maggiori spese da un lato e, dall’altro, delle minori entrate per lo svuotamento dei posti letto, arriva un’importante boccata di ossigeno. A darla la Regione Lombardia che ha deciso di pagare il proprio contributo anche per i posti letto rimasti vuoti nel 2020. Questo per garantire la tenuta economica delle Rsa, messe a rischio da bilanci sempre più magri. Nelle casse dovrebbe arrivare il 2,5% in più del massimo e questo sarà “storicizzato”, cioè garantito anche per il 2021. Tecnicamente questo sarà fatto con una delibera di giunta, alla quale seguirà un progetto di legge per avere la copertura politica dell’aula consiliare.
Nel pieno della seconda ondata Covid, dunque, le Rsa possono guardare con più tranquillità al futuro. I momenti drammatici della scorsa primavera, con le morti a raffica, i contagi degli operatori, la mancanza di dispositivi di protezione, sembrano un brutto ricordo del passato. Da quei mesi nelle quali le Rsa sono state lasciate in secondo piano rispetto all’emergenza ospedaliera e hanno dovuto reagire con i propri mezzi, la situazione è migliorata nel corso dell’estate. Le maggiori protezioni, l’esperienza guadagnata sul campo e la dedizione del personale hanno ottenuto l’obiettivo di avere case di riposo libere da casi Covid e pian piano, con questo, il ritorno della fiducia dei familiari che hanno ricominciato a portare i propri parenti nelle strutture, riempiendo i posti vuoti rimasti liberi dopo la prima ondata.
Restava aperto un nodo di carattere economico. Già dall’inizio dell’estate, i rappresentanti delle associazioni delle case di riposo avevano avviato con la Regione una trattativa per vedere riconosciuto un ritorno economico pieno anche a fronte dei posti rimasti vuoti nelle strutture. Questo per evitare un possibile default avendo le Rsa costi fissi, non legati cioè al numero degli ospiti presenti attorno al 90% del quale due terzi dovuti al personale. La trattativa si è arenata su scogli burocratici ed è stata risolta grazie a meccanismi di sopravvalutazione e maggiore remunerazione che, alla fine, hanno garantito il risultato di pagare il 102,5% del contributo. A carico delle Rsa restano per ora le mancate rette (la retta è il 50% dell’entrata, il restante è contributo regionale) e le maggiori spese. Su questi capitoli è aperta una interlocuzione con il governo.
Ma la seconda ondata di Covid rischia di far fare un nuovo passo indietro alla situazione. I parenti hanno più volte lamentato il fatto che fra i primi provvedimenti a fonte dell’aumento generale dei contagi, ci sia stato il divieto di incontro con i familiari ospiti. «Non siamo noi che portiamo i contagi nelle Rsa – sostiene il parente di un anziano – le visite sono fatte nel rispetto della distanza e all’esterno delle strutture. Eppure siamo stati colpevolizzati». Il rischio è che nuovamente torni la sfiducia e che le famiglie trattengano a casa i congiunti meno gravi, nel timore di non poterli più rivedere. Alla fine, nelle Rsa arrivano solo le tipologie più complesse, snaturando il ruolo sociale che la casa di riposo ha sempre avuto, e trasformandole in piccoli ospedali geriatrici. Dove di nuovo i minori ingressi e le maggiori spese saranno un circolo vizioso che rischia di strangolare le strutture per gli anziani.