Sanità a Mantova: sulle Tac serali Regione Lombardia se ne lava le mani
La precisazione del Pirellone: «Alle Asst ampia libertà». La manager Azzi: «Noi da ottobre facciamo già tre turni dalle 20 alle 22.30»
MANTOVA. Esami di alta diagnostica anche al pomeriggio, alla sera e nei weekend. Sì, ma da quello che sembrava un obbligo tassativo ora si passa a un’ampia discrezionalità delle Asst. È di pochi giorni fa l’annuncio della Regione che dal prossimo primo maggio tutte le aziende sanitarie pubbliche della Lombardia dovranno garantire prestazioni anche nella fascia serale (dalle 20 alle 24) dal lunedì al venerdì e anche nei pomeriggi dei giorni prefestivi e nei giorni festivi, partendo dalla diagnostica per immagini come tac, risonanza e mammografia. A disporlo è una delibera approvata dalla giunta regionale su proposta della vicepresidente Letizia Moratti che avvia una sperimentazione di dodici mesi.
Ma nelle ore successive all’annuncio, come sottolinea la consigliera regionale del Pd, Antonella Forattini, alcuni direttori generali si sono fatti una domanda legittima: con quali soldi tenere aperti gli ambulatori ben oltre l’orario tradizionale? E tra l’altro non sarà affatto facile incrementare i turni dei radiologi, categoria già carente in molti ospedali, e convincere i sanitari, dietro anche incentivi, a lavorare nelle ore serali.
Ma che cosa succederà al Carlo Poma? «Già da ottobre dell’anno scorso – spiega il direttore generale Mara Azzi – essendo piuttosto indietro con le risonanze magnetiche per colpa del Covid abbiamo iniziato a fare tre turni serali dalle 20 alle 22.30 per tre giorni alla settimana. Con l’arrivo della nuova delibera cercheremo di attivare qualche turno in più. Ricordo inoltre che già da tempo abbiamo attivato anche l’attività chirurgica al sabato».
Intanto ieri è arrivata la precisazione della Regione, che di fatto rende meno rigido il provvedimento per le Asst. «In particolare – si legge nella nota – il provvedimento dà ampia libertà alle singole aziende di organizzare queste attività richiedendo di individuare una struttura, a discrezione dell'azienda stessa, anche a rotazione, dove erogare queste prestazioni. Inoltre, altrettanta autonomia è data alle aziende nel determinare le prestazioni da erogare (tra Tac, risonanza magnetica e mammografia) in base alle aree più critiche rispetto ai tempi di attesa». «Le aziende - prosegue la nota – hanno autonomia nel decidere eventuali estensioni di orario per altre prestazioni. Gli orari aggiuntivi vengono finanziati con le risorse già stanziate, sia per strutture pubbliche che private, attraverso il fondo per l'abbattimento delle liste d'attesa, per un totale di 84 milioni di euro. Le estensioni di orario sono state presentate alle direzioni strategiche delle aziende e in alcuni casi agli specialisti radiologici senza che vi fossero obiezioni particolari»
. «Questo è ciò che accade quando non si condivide e quando non si pianifica con cognizione di causa: si fanno figuracce e tocca fare marcia indietro». Antonella Foratti interviene dopo la precisazione della Regione. «Solo pochi giorni fa – continua – l’assessore Moratti ha annunciato con grande enfasi le aperture serali e festive delle strutture sanitarie con l’obiettivo di tagliare le liste d’attesa. Ora scopriamo che era solo uno spot, fumo negli occhi. Forse Moratti non si era accorta che il personale delle strutture sanitarie lombarde scarseggia da anni e che, da quando è iniziata la pandemia, è già sottoposto a turni di lavoro massacranti. Avrebbe potuto farsi un’idea dell’insensatezza di questo provvedimento parlando con i direttori delle Asst, che evidentemente non sono stati coinvolti e che sono giustamente insorti vedendo che la Regione non stanziava nemmeno un euro per queste aperture straordinarie. Forse Moratti pensava che coprire turni in più e far funzionare le strutture oltre orario non costasse nulla? Quindi, oggi la marcia indietro e la precisazione che lascia totale discrezionalità alle Asst se effettuare aperture straordinarie. Un’altra brutta figura e altro tempo perso visto che l’unico strumento che può davvero tagliare le liste d’attesa è l’agenda unica di prenotazione che unisca strutture pubbliche e private e che in Lombardia non è prevista prima del 2023».