Frenano i consumi di biologico, ma a Mantova cresce l’offerta

MANTOVA. Dopo l’impennata record del 2020, i consumi di cibo biologico tornano a riposizionarsi sulle tendenze pre-covid. Lo dice il report “Biologico: gli acquisti alimentari delle famiglie” realizzato dall’istituto Ismea sulla base di dati Nielsen. Sul fronte dell’offerta, invece, la crescita prosegue costante e sostenuta. Anche nel Mantovano e in Lombardia: le aziende agricole che puntano sul bio, complici domanda vivace, quotazioni generose e incentivi al settore, sono sempre di più. Secondo la ricerca, nell'anno clou dell'emergenza Covid, le spesa di alimenti e bevande biologiche aveva registrato un incremento del 9,5%. Nel 2021, la spesa bio è risultata in crescita del 4,5% sul 2019, ma in calo rispetto ai valori record del 2020 (-4,6%).

LE AZIENDE

Sul fronte offerta, il numero delle aziende biologiche in provincia di Mantova è quasi raddoppiato in soli quattro anni: si è passati dalle 215 aziende del 2019 alle 230 del 2020, fino alle 330 del 2021 e alle 409 del 2022 (dati elaborati dall’Ufficio tecnico di Confagricoltura). L’incremento è stato ancora più accentuato a livello regionale, dove a crescere sono stati gli ettari coltivati. In questo caso, il confronto è con il 2016: da 2.034 aziende con circa 25mila ettari di superficie si è passati, nel 2022, a 3.758 aziende con quasi 60mila ettari coltivati. Cosa spinge gli agricoltori a puntare sul biologico? Il prezzo è uno dei fattori, forse il principale. La soia biologica, per esempio, alla borsa merci di Milano è quotata dai 1.180 ai 1.200 euro alla tonnellata, mentre la soia coltivata con metodi convenzionali non arriva ai 700 euro a tonnellata.

L’ANALISI

Se l’offerta in crescita non viene assorbita dalla domanda, il rischio è la saturazione. Un’eventualità cui accenna Confagricoltura: «Il mercato del biologico – spiega Alberto Cortesi, presidente dell’associazione – vive un momento altalenante. I consumi, dopo il boom nel primo periodo Covid, si stanno stabilizzando. Le aziende, però, continuano ad aumentare e si va verso una saturazione del mercato». La nuova Pac non aiuterà: «La maggiore spinta verso il bio rappresenta un autogol per il settore. Se le superfici aumenteranno ancora, i prezzi di vendita per i produttori caleranno». Secondo Coldiretti, il biologico rimane, almeno al momento, un’opportunità: «L’interesse verso il biologico nella nostra provincia è meno vivace rispetto ad altre realtà della Lombardia – dice il presidente Paolo Carra – in quanto siamo più orientati a produrre per il sistema delle Indicazioni geografiche, ma il bio si conferma un’ottima risposta per quelle imprese di piccole e medie dimensioni che cercano una giusta remunerazione, modelli maturi e consolidati e canali in crescita a livello di consumi e prezzi».

BIOLOGICO, PERCHE’?

Per Simone Grecchi, imprenditore di Borgocarbonara, il passaggio al bio è stato «un cambio radicale», ma quella del biologico era l’unica strada da percorrere per assicurare un corretto valore aggiunto alle produzioni. Un’azienda, la sua, da 26 ettari in tutto, e fra il 2021 e quest’anno il grande salto: la conversione al bio, un percorso che dura due anni per i seminativi e tre anni per le colture arboree. Grecchi ha scelto colza, frumento, mais («anche se è difficile reperire il seme biologico», confessa) e pisello proteico, oltre alle mele, che sostituiranno i sette ettari di pera mantovana Igp, che è stata espiantata. Al debutto anche il vigneto per la produzione di uve da Lambrusco mantovano Doc. La scelta del biologico arriva da lontano per Veronica Alberti, che con il padre alleva vacche da latte a Marmirolo: «Mio padre, per scelta, non utilizzava già da anni concimi chimici. Quando, nel 2018, abbiamo convertito i terreni al biologico, abbiamo avuto l’opportunità di convertire anche l’allevamento. La scelta è in primis nel nome della sostenibilità, dal momento che con il bio evitiamo, tra l'altro, profilassi preventive ai nostri animali, ma anche legata al reddito, poiché il latte bio è pagato di più». Non quanto meriterebbe: «Se all’inizio me lo pagavano 7 centesimi al litro in più rispetto al convenzionale, ora siamo a 1-2 centesimi in più. Il nostro valore aggiunto è dato dalla certificazione biologica, che comporta, però, maggiore impegno nel lavoro con gli animali».