Bimbo nato morto a Chioggia: colpa di omissioni ripetute

È la conclusione a cui sono arrivate le consulenti incaricate dalla Procura. L’accusa al ginecologo e all’ostetrica è di violazione della legge sull’aborto

CHIOGGIA. «C’è stato un momento, tra le 5.30 e le 7.30 in cui il bambino si poteva salvare, perché non sono stati rilevati elementi morfologici tali che possano giustificarne la morte».

Così, ieri, hanno testimoniato davanti alla giudice Sonia Bello, le due medico legali consulenti del pubblico ministero, Tambuscio e Zambon.

Il caso è quello del bimbo nato morto all’ospedale di Chioggia il 1 settembre 2016, al termine di una gravidanza regolare: la signora - allora 37enne, di Correzzola - era arrivata all’ospedale di Chioggia, verso l’una.

Secondo quanto ricostruito dal pm Giorgio Gava - che ha indagato per violazione alla legge sull’aborto, l’ostetrica e il ginecologo di turno - i primi monitoraggi tra le 2.30 e le 3.30 avevano evidenziato segnali di sofferenza fetale, con battito cardiaco alterato, poi però rientrato nella norma.

Così il monitor era stato staccato e l’emergenza era scattata solo dopo un nuovo monitoraggio alle 6.14 di mattina: inutile la corsa in sala operatoria.

Il bimbo era nato morto. «La signora ha vomitato intorno alle 5, ma non si è provveduto a collegarla nuovamente al monitor, anche se ha raccontato di essere stata vista e di aver detto che le si erano rotte le acque e che aveva forti dolori», riassumono le consulenti di parte civile, «il tracciato doveva essere riattivato e si sarebbe così potuto verificare da subito l’andamento del battito del feto, perché non c’è nessun elemento che ci faccia pensare sia stato improvviso, ma è sceso lentamente».

Le consulenti hanno «stigmatizzato l’omissione generale di assistenza tra le 3.30 e le 5.30 e la perpetuazione dell’omissione anche dopo gli episodi di vomito. La cartella medica è vuota, lacunosa».

Così, «il racconto della signora spiega perché un bambino sano sia morto dopo una gravidanza regolare. E’ insorto il travaglio con manifestazioni di sofferenza che avrebbero imposto il monitoraggio almeno dalle 5.30».

Udienza rinviata al 24 febbraio: parola ai consulenti della difesa, per i quali non ci sarebbero profili di responsabilità: appena evidenziata la sofferenza, è stato fatto il cesareo. —