Pasticcerie e gelaterie, 500 a rischio. «Buttati via ettolitri di latte e uova»
La Cgia prende le difese di due categorie: si doveva investire nei trasporti per riuscire a salvare i locali
MESTRE.
Il dpcm di lunedì scorso ha limitato l’attività non solo ai ristoratori, ai bar e ai cinema e i teatri, ma anche alle gelaterie e alle pasticcerie artigiane che nel Comune di Venezia sono poco più di 200 unità e danno lavoro a circa 500 addetti. Giovanni Gomiero, responsabile sindacale degli alimentaristi della Cgia, segnala: «Dopo la chiusura forzata della primavera scorsa gelaterie e pasticcerie si erano un po’ riprese durante l’estate. Con questa nuova limitazione dell’orario di apertura, almeno il 20 per cento rischia di chiudere definitivamente entro la fine dell’anno».
La Cgia di Mestre garantisce voce al mondo delle “coccole” dolci che fatica a comprendere l’ennesima chiusura imposta dal governo. «Almeno noi ci salviamo con le colazione», dice Oscar Bonaldo che gestisce da anni la pasticceria al centro commerciale “La piazza” di Favaro.
«I nostri colleghi ristoratori se la passano ancora peggio di noi. Ma c’è una questione che innervosisce: spero che la smettano di decidere la chiusura di attività la sera per la mattina perché questo significa anche uno spreco incredibile di materie prime e cibo. Ho dovuto buttare un centinaio di brioche che era a lievitare, decine di litri di latte, uova e crema che dovevo usare il giorno dopo. Qualcosa ho distribuito ad amici, il resto è andato gettato in previsione della riduzione forte di vendite. Non è assolutamente accettabile questo spreco per le decisioni di chi non sa come vanno le cose». La Cgia di Mestre si interroga anche sui costi della manovra per i ristori (tra i sei e i 7 miliardi).
«Perché mai queste ingenti risorse non sono state investite prima dell’estate nel settore del trasporto pubblico locale per potenziarne il servizio, evitando così gli assembramenti che stiamo osservando in queste ultime settimane? Una decisione – prosegue Gomiero - che sicuramente avrebbe contenuto i contagi ed evitato la chiusura di tantissime attività economiche, così come imposto con il dpcm di domenica scorsa».
E la Cna del Veneto. « La partita dei ristori - dice il segretario Matteo Ribon – andava gestita contemporaneamente all'uscita del Dpcm. Dobbiamo uscire quanto prima dall'equivoco per cui in questa, come in altre fasi, si chiede di scegliere tra salute e tenuta economica. Non si tratta di scegliere, ma di pensare a degli interventi che tengano conto dei dati e dell'evidenza scientifica e che non colpiscano sempre le stesse categorie perché ritenute, magari anche in assenza di un reale tracciamento, più a rischio di altre».
La rivendicazione, dalle pasticcerie ai ristoranti, è la medesima: «Nei mesi scorsi tutte le attività si sono adeguate a dei protocolli di sicurezza in grado di coniugare questi due aspetti. Ecco perché ci auguriamo che per i prossimi provvedimenti, che ci saranno data anche la curva del contagio, le istituzioni a tutti i livelli decidano di concertare le misure insieme al territorio e alle associazioni di categoria».
Ristori adeguati e immediati, concertazione conle imprese, scelte fatte sulla base di analisi scientifiche oltre a una più intensa attività di tracciamento e lo stop immediato alle chiusure indiscriminate, sono le ricette proposte. —
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