Arkema di Porto Marghera, contagi Covid dopo il corso in presenza
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I sindacati hanno chiesto inutilmente di rinviare la formazione. Positivi dieci lavoratori e molti familiari, uno è in ospedale
VENEZIA. «Non pecchiamo di presunzione nell’affermare che, dati tutti i dispositivi fisici e di protezione individuale posti in essere sin dall’inizio della pandemia, possiamo essere ragionevolmente certi che i nostri siti aziendali siano dei luoghi sicuri».
Con queste parole, fin troppo rassicuranti, il responsabile della gestione delle “Risorse Umane” nello stabilimento di Arkema, all’interno del Petrolchimico di Porto Marghera, ha risposto oltre un mese fa, nel pieno della seconda ondata della pandemia, alle preoccupazione espressa dai rappresentanti sindacali dei lavoratori. Preoccupazioni, più che motivate, secondo loro, dalla decisione dell’azienda di tenere un corso di aggiornamento professionale “in presenza”, concentrando i dipendenti all’interno delle aree aziendali di uso comune, come spogliatoio, bus per trasporto interno, mensa e punto ristoro e fumo.
Fatto sta che una settimana prima di Natale il corso professionale si è tenuto, con due gruppi di una decina di lavoratori ciascuno suddivisi in due stanze. Il risultato è stato che la vigilia di Natale alcuni lavoratori hanno cominciato a sentire i classici e sgradevoli sintomi del Covid-19 e sono risultati positivi al tampone. È stato l’inizio di una catena di contagi che ha coinvolto una decina di lavoratori – uno dei quali è stato ricoverato in ospedale – che avevano partecipato al corso e che, a loro volta, hanno contagiato mogli e figli.
Evidentemente, le rassicurazioni del responsabile aziendale per le Risorse Umane non sono state confermate, malgrado avesse disposto il raddoppio delle sessioni di formazione previste, dimezzando il numero dei partecipanti. Provvedimenti che, secondo i rappresentanti sindacali dei lavoratori, hanno cre
ato un aumento di quasi il 35% del personale aziendale presente quel giorno, aumentando i rischi di contagio. Rischi che si sono puntualmente manifestati con la catena di contagi che gli stessi sindacati di categoria dei lavoratori chimici (Uiltec, Femca-Cisl e la Rsu) hanno stigmatizzato in un comunicato in cui sostengono di «non riuscire a comprendere la volontà dell’azienda di proseguire, a tutti i costi, nell’attività di formazione “in presenza”, in piena pandemia e nella nostra regione dove il virus continua a contagiare e uccidere». «Nonostante questo», aggiungono i sindacati, «nei due incontri dopo i contagi, l’azienda ha continuato ad avere un atteggiamento arrogante e a minimizzare l’accaduto, senza mai ammettere le responsabilità».
L’azienda, a sua volta, ha replicato sostenendo che «non ha mai minimizzato l’accaduto, informando tempestivamente sia la gerarchia interna come le autorità competenti». «Non è costume aziendale», ha aggiunto, «negare le proprie responsabilità, né tanto meno esporre il proprio personale a situazioni giudicate pericolose o rischiose. Non rinneghiamo nulla del nostro comportamento e ci confronteremo nelle sedi più opportune». —
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