Rider investito da un’auto pirata a Mestre, «Servono tutele collettive»
foto da Quotidiani locali
Venerdì 2 febbrario sera a farne le spese è stato un rider asiatico, rovinato sull’asfalto di Corso del Popolo, in pieno centro a Mestre. Investito da una macchina mentre lavorava in bici.
L’auto non si è fermata a prestare soccorso.
Ad aiutare il giovane ci hanno pensato alcuni cittadini che lo hanno soccorso.
E hanno avuto la prontezza di spirito di annotare il numero di targa, importante per la polizia per risalire a chi guidava l’auto pirata.
Per il giovane, dopo la visita il pronto soccorso, è tempo di riposo forzato: ha riportato abrasioni e contusioni varie, raccontano i colleghi. Niente di rotto ma non potrà lavorare per un po’.
Delivery e lavoro povero
Il giovane investito è uno dei 300 rider con partita Iva al lavoro in città.
Circa 250 a Mestre e in terraferma e una cinquantina a Venezia, chiamati “walker”, perché le consegne le fanno a piedi. Per il 90 per cento sono stranieri. Un lavoro povero, viziato da compensi bassi, lunghi orari di lavoro e dove ha fatto irruzione il fenomeno del subaffitto, subito ribattezzato “caporalato digitale”.
Venti sotto contratto
Ma c’è anche chi non ci sta. Lo spiega al nostro giornale Vanessa Saverino, responsabile della comunicazione di Just eat Italia.
«La nostra azienda ha deciso di lavorare solo con personale che è assunto con contratti subordinati. Sono 2.500 in Italia, presenti in 44 città. Il contratto è quello siglato per la logistica con Cgil, Cisl e Uil».
Il contratto è quello del settore Logistica, trasporto, merci e spedizioni ed è stato siglato per la prima volta nel 2021. Nel 2023 è arrivato anche l’accordo integrativo.
A Mestre operano 20 rider Just Eat assunti con questo contratto. In Veneto sono cento, per lo più nelle piazze di Padova e Verona dove la catena è presente da tempo. E sono 105 i ristoranti partner a Mestre.
«Per il personale prevediamo anche varie ore di formazione, in particolare sulla sicurezza stradale», continua a spiegare la Saverino, «La paga base, da contratto, è di 8,75 euro lordi l’ora e con i bonus si arriva a 9. Vi è la possibilità di modulare gli orari di lavoro e in questo modo lavorano con noi giovani studenti, persone più grandi e donne. Il contratto garantisce la tutela di diritti fondamentali come malattia, gravidanza, paternità».
E contro il cosiddetto “caporalato digitale”, spiegano dalla azienda, al controllo dell’algoritmo si preferisce quello umano. A Mestre, come nelle altre città, sono presenti gli starting point, i punti di partenza dei rider.
«Un nostro responsabile è presente per il controllo visivo di verifica dell’identità di chi lavora. Ma dirò di più: se uno dei rider ha il mezzo con la ruota sgonfia o senza luci, il coordinatore lo blocca e non lo fa partire. Ancora, non è possibile la assunzione se non si ha il permesso di soggiorno. Ma come azienda ai nostri dipendenti ricordiamo con degli alert quando devono rinnovarlo. Forse anche per questo abbiamo dipendenti che lavorano con noi per più di 24 mesi contro una media nazionale di 6 mesi di permanenza. Altra cosa, vi è la possibilità di fare carriera».
Appello al Governo
Un contratto dei rider è necessario, dicono da Just Eat, anche perché il settore delivery non conosce crisi o ora i rider portano a casa anche la spesa.
L’invito è alla politica, affinché intervenga per la applicazione del contratto, con la giusta flessibilità. Altrimenti chi applica i contratti di lavoro si ritrova penalizzato dai concorrenti, perché mediamente il costo del lavoro pesa un 30% in più.
«Serve un vero supporto delle istituzioni e del governo nella direzione della contrattualizzazione di questo settore».