Rimini contro Jesolo, accuse sulle concessioni balneari
«Grossi gruppi imprenditoriali che si spartiscono la spiaggia». Le prime assegnazioni di concessioni a Jesolo, con la legge regionale 33, fanno discutere in Italia e nelle regioni che sono ancora in ritardo con i bandi. Da Rimini, il sindaco Jamil Sadegholvaad accusa il governo di lavarsi le mani sui balneari e paventa che, con l’ingresso di imprenditori di un certo peso, come a Jesolo, si perdano la tipicità della gestione e il rapporto umano. Ma la presidente dei sindaci del litorale veneziano, la sindaca di Cavallino Treporti Roberta Nesto replica: «Non si critica il Governo usando il Veneto».
A Jesolo Mario Moretti Polegato, titolare della Geox, assieme agli albergatori Menazza e all’imprenditore jesolano Alessandro Berton, hanno visto assegnata la zona tra piazza Brescia e Mazzini. Alessandro Iguadala, anche lui imprenditore jesolano del settore, il comparto Marconi. Tra piazza Mazzini e Brescia, assegnata alla cordata che annovera Mr Geox, sono piantati circa duemila ombrelloni in tre stabilimenti balneari, quattro chioschi, 65 alberghi che gravitano su questo tratto di spiaggia. La Cbc Srl ha fatto istanza con la legge 33 investendo, si mormora, oltre sette milioni di euro. Così i precedenti stabilimenti Augustus, Bafile e Casa Bianca, riuniti nel Consorzio Stabilimenti Centrali Scarl, società consortile, hanno dovuto farsi da parte.
Ora i balneari in Italia, mentre seguono quanto sta accadendo a Jesolo, guardano al governo Meloni, in assenza di una norma nazionale. I Comuni si stanno arrangiando con la riassegnazione dei titoli scaduti il 31 dicembre scorso. Gli stravolgimenti di Jesolo sono pertanto un monito.
In questo clima di tensione si è inserito il sindaco di Rimini Sadegholvaad. «Al di là di tutti i discorsi e proclami», commenta, «il governo se ne sta lavando le mani degli operatori balneari. La tattica del silenzio, della dilazione e della furbizia porta a un solo approdo: le cose comunque vanno avanti, anche se si fa finta di non vedere. E poi alla fine questi sono i risultati. Se le gare vedono prevalere soggetti che hanno grandi capacità finanziarie e di investimento, il rischio più generale è che si perdano quella tipicità e quel tratto umano nel rapporto col cliente che è stato il punto di forza, per esempio, delle spiagge romagnole. Una forma di impresa assolutamente legittima, ma che spersonalizza quella figura a cui molti di noi siamo affezionati: il bagnino. Noi vogliamo salvaguardare in buona sostanza il numero delle concessioni esistenti, un sistema fondato principalmente sull’impresa familiare. Ma queste situazioni agli antipodi tra una regione e l’altra e tra un comune e l’altro sono figlie di un immobilismo totale da parte di Roma».
La sindaca Roberta Nesto replica al collega che è con lei nel network G20 Spiagge. «In Veneto» rimarca «abbiamo una legge operativa, abbiamo fatto un percorso per arrivare a un regolamento d’uso del Demanio marittimo conforme alla direttiva Bolkestein e la sentenza del Consiglio di Stato. I Comuni adesso raccolgono le istanze conformi alla legge 33. Il nostro territorio applica un legge che ha permesso di chiudere le porte a investitori stranieri e aprirle a operatori che hanno fatto domande in tutta la costa veneta. Dispiace vedere che non sempre ci siano stati accordi unitari, ma può accadere. Non confondiamo la politica locale con quella nazionale. Se il sindaco di Rimini attacca il governo non lo faccia a spese della costa veneta».