Terence Atmane, il genio inquieto (senza sponsor e agente) che sfida i giganti: sabato c’è Sinner
Da giovane talento borderline a semifinalista di un Masters 1000, a Cincinnati, Ohio: parliamo (o meglio, scriviamo) di Terence Atmane, anni 23, da Boulogne-sur-Mer cittadina della Francia atlantica, quella che guarda a nord verso l’Inghilterra, con la Manica a dividere due Paesi che si sono sempre guardati, alle volte combattuti, difesi, ma mai realmente capiti fino in fondo. Non un luogo di frontiera, ma un luogo di confine dove il mare è identità di un piccolo ma decisivo borgo, che nacque per volontà di Giulio Cesare e che conserva intatta la propria struttura romana, salvata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Terence viene da lì, con quell’incedere, a ben vedere, molto romanico nell’accezione prettamente fisica, corporea: alto, snello, sarebbe stato un ottimo comandante di Legione. Intanto però, a Cincinnati, ai giorni nostri, è passato dall’essere una nota a margine nel tabellone a diventare un titolo a caratteri cubitali. Quarti di finale contro Holger Rune, numero 9 del mondo, vinti con la leggerezza di chi sembra non avere nulla da perdere, ma anche con la lucidità di chi sa esattamente cosa fare in campo. Il premio? La prima semifinale della carriera in un “Mille” e la sfida di sabato contro Jannik Sinner, l’Himalaya attuale del tennis. Quel tennis dove l’immagine spesso corre più veloce dei risultati, e la reputazione social è quasi parimenti importante, Atmane è una sorta di anomalia: “Non ho sponsor per l’abbigliamento o le scarpe, solo Tecnifibre per le racchette. A settembre scorso Asics mi ha lasciato, e da allora mi compro i vestiti come tutti, stessa cosa per le scarpe. Aspetto di vedere se qualche brand si interesserà al mio profilo. Per ora non ho un agente, faccio tutto da solo, nel mio angolo” – ha raccontato a l’Équipe.
Un QI da prodigio e una vita che l’ha messo alla prova
Atmane non è il classico underdog arrivato in semifinale a Cincinnati così, per caso. Ha battuto Cobolli, Fonseca, Fritz e Rune e poi… lo dice anche un numero: 158 di quoziente intellettivo, (come già raccontato in questo articolo, nel quale tante altre sono le curiosità, come quelle sui videogiochi…) roba che ti fa entrare nei circoli dei superdotati e che, se la gestisci male, rischia di diventare un peso. Perché in uno sport come il tennis, dove si è soli a combattere contro l’altro ma anche contro se stessi, l’eccesso di lucidità può trasformarsi in trappola. Lui lo sa bene. Nel 2023, quando aveva appena 21 anni, il tennis era passato in secondo piano.
“Una notte, verso le tre, ho avuto una sorta di paralisi. Non riuscivo a muovere il corpo e pensavo che fosse finita. Da allora ho deciso di combattere ansia e depressione con tutte le mie forze”.
Ci è riuscito, grazie anche a Guillaume Peyre, coach capace di rimettere in carreggiata una parabola che sembrava già scendere. Ha ritrovato fiducia, sorriso e, soprattutto, il piacere di stare in campo.
La notte con Rune: “Era un set stratosferico”
Nel match vinto su Holger Rune, Atmane ha messo in scena un primo set che lui stesso definisce “stratosferico”.
“Ho avuto la sensazione che avrei potuto farlo contro chiunque. Non era follia, ero in pieno controllo. Qualche colpo l’ho lasciato andare perché ero avanti e sono entrati. Rune scherzava dicendo che giocavo a occhi chiusi, ma no, ero lucido”.
Nel secondo set il danese ha provato a ribaltare l’inerzia, alzando l’intensità: “Non è top 10 per caso. Mi ha sorpreso, ma sono rimasto concentrato. Il break a 4-3 è stato decisivo. Poi con le palle nuove sapevo che sarebbe stato difficile per lui riprendermi, e l’inizio con due ace mi ha dato la sicurezza per chiudere”.
Dai Challenger alla top 100, sfida il numero 1 al mondo
Atmane, prima di salutare il campo, si è fermato a lungo a firmare autografi, sorridendo a ogni foto.
“Vengo dai Challenger, dove giochi davanti a cinque persone. Qui è diverso. È rispetto verso chi paga per vederti. Finché giocherò, qualunque sia il mio ranking, lo farò sempre. Stavolta avevo anche un giorno di riposo prima della semifinale, quindi mi sono goduto il momento”. Sabato, il centrale di Cincinnati lo vedrà opposto al numero 1 del mondo, Jannik Sinner. Atmane non sembra intimorito.
“Sinner è una persona con due braccia e due gambe come me. Ha vinto Slam, è n.1, bravo lui. Ma dopo il n.4 e il n.9, voglio vedere cosa significa affrontare il top assoluto. Io non ho nulla da perdere, non ne avevo all’inizio del torneo e non ne avrò sabato”. Questa corsa in Ohio gli ha già regalato un traguardo simbolico: l’ingresso in top 100. “Fa strano dirlo. Non è la fine, ma un passo importante. Vuol dire meno qualificazioni e più stabilità economica. Nei Challenger a volte perdi soldi, qui puoi investire su te stesso. Ora serve intelligenza per continuare a crescere e dimostrare di valere anche sul Tour, non solo nei tornei minori”.