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Rassegna stampa – Us Open al via con dodici italiani

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Nella sfida infinita al n. 1 c’è la dittatura dello Slam (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Due uomini soli al comando, al centro di una volata affollatissima che comincia oggi e durerà mesi. Due talmente vicini che la sfida investe l`universo mondo del tennis, e tutto ciò che li riguarda. Si dà per scontato che nessuno potrà metterci bocca, perché i due hanno dimostrato di potersi agevolmente liberare dalla morsa di qualsiasi altro avversario. Così accade da due anni a questa parte. Dagli Australian Open 2024, Sinner e Alcaraz si sono divisi tutti i tornei del Grande Slam, Jannik ne ha vinti quattro, Carlitos tre (due ne aveva conquistati prima, dunque è a cinque titoli), ma il tennis è sport di ribaltoni imprevedibili e l`unica regola è che non esiste avversario da prendere sottogamba. La volata si concluderà fra tre mesi, a metà novembre, ultima tappa le Finals di Torino. In palio vi sono duemila punti agli US Open, 1.500 tra Pechino e Shanghai, e altri 2500 tra l`ultimo Masters 1000, nella nuova sede di Parigi La Defense, e le Finals, con in mezzo un`esibizione da sei milioni di dollari in Arabia Saudita. Anche gli US Open non scherzano. Verseranno 5 milioni di dollari sul conto del vincitore. Può succedere di tutto, e Sinner e Alcaraz mettono in palio tutto. il numero 1 in classifica, la sfida personale, la supremazia stagionale, e altri record che possono fornire forti motivazioni. Gli US Open sono considerati lo Slam più difficile, perché giungono per ultimi, quando la stagione si fa sentire sui muscoli. Non è un caso che il torneo attenda da 17 anni un campione capace di due successi consecutivi, dai tempi di Federer 5 volte vittorioso tra il 2004 e il 2008. «Siamo verso la fine della stagione, alcuni sono stanchi, altri hanno aggiustato qualcosa nel loro tennis. Nel corso di un anno molte cose possono cambiare», ha risposto Sinner a una domanda sulle difficoltà del tennis a Flushing Meadows. «Ci sono tanti particolari che possono influire. Giocare di giorno o di notte, su questi campi, non è esattamente la stessa cosa, i rimbalzi non sono uguali e la velocità delle palle cambia. Noi tutti viviamo a Manhattan e per arrivare ai campi occorre non meno di un`ora. Aspetti che rendono il torneo faticoso. Bellissimo da giocare, ma difficile per chiunque». […] L’unica per tentare un raffronto è comporre un elenco degli aspetti che favoriscono l`uno o l`altro. Alcaraz ha dalla sua i dubbi che accompagnano Sinner dopo la finale di Cincinnati, che Jannik sostiene di aver superato, al punto da non sentirsi così lontano dalla forma migliore («Altri 2 giorni e sarò al 100%»), ma che solo i match potranno ripulire da qualsiasi tipo di preoccupazione. I punteggi in classifica gli offrono ora un lievissimo vantaggio, 60 punti appena, tale però da obbligare Sinner a inseguire, con l`obbligo di vincere il torneo in caso di una nuova finale tra i due. Infine, sempre grazie a Cincy, lo spagnolo ha potuto assorbire lo sconcerto del ko a Wimbledon, e da come l`ho visto festeggiare sull`auto elettrica che correva tra i viali dello stadio, insieme a tutto il team, direi che il dispiacere per il ritiro di Sinner sia durato giusto il tempo di alzare la Coppa al cielo. Sinner ha numeri migliori sul cemento, e nello Slam viene da 21 vittorie consecutive sulla superficie preferita (2 Australian Open e gli US Open 2024). Sa che deve fare meglio di Alcaraz e raramente fallisce gli obiettivi che si pone. Dagli ottavi in su gli basterà ottenere una vittoria in più di Carlitos, nel caso lo spagnolo dovesse scivolare, altrimenti dovrà vincere il torneo. Sarà una corsa a inseguimento, ma troverà motivazioni forti nel conoscere già il risultato dello spagnolo. Carlos scenderà in campo per primo, domani contro Opelka, Sinner aprirà il proprio torneo martedì, intorno alle 19 con Kopriva. […]

Cannibali (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sincaraz. Magari la mescolanza dei cognomi non risulterà troppo elegante, però sta marchiando a fuoco un’epoca, ponendosi sulla scia delle più grandi rivalità della storia del tennis. Sinner contro Alcaraz: e chi altrimenti. Una saga che fin qui ha offerto 14 episodi al grande romanzo dello sport e l’inesauribile adrenalina dei feroci e spettacolari duelli uomo contro uomo, Cincinnati a parte, dove il virus di Jannik ha privato in pratica il torneo della finale. Emozioni per cuori forti, certo, e una diarchia imperiale costruita sui numeri: dagli Australian Open 2024, hanno vinto 15 titoli su 16 nei tornei a cui hanno partecipato entrambi. Unica eccezione, il Masters 1000 di Madrid 2024, con il successo di Rublev, ma in quell’edizione Jannik si ritirò prima dei quarti per l’infortunio all’anca destra. Da allora, quando sono in tabellone insieme, hanno collezionato 12 titoli di fila. Di più: sono stati i padroni degli ultimi sette Slam e gli ultimi cinque confronti diretti sono state finali (Pechino l’anno scorso; Roma, Roland Garros, Wimbledon e Cincinnati quest’anno). Con queste premesse, è evidente che per i bookmakers gli Us Open al via da oggi siano una questione personale tra i due: le quote del campione in carica Sinner, che inizierà martedì contro il ceco Vit Kopriva, secondo match sull’Arthur Ashe dalle 17.30 italiane, quindi tra le 19.30 e le 20, oscillano tra 1,80 e 2, quelle di Alcaraz sono fissate a 2,75: Zverev e Djokovic, terzi incomodi, sono dati a 7,5. A New York, si tratterà non solo di ribadire lo strapotere sul resto della concorrenza, ma di imprimere una svolta alla cavalcata in simultanea di questa stagione. Jannik difenderà il titolo, ma soprattutto dovrà respingere l’attacco dello spagnolo al n.1 del mondo che detiene da 63 settimane; inoltre col successo salirebbe a tre Slam nel 2025, distanziando il rivale nei conti stagionali ed eguagliandolo in quelli complessivi (cinque). All’inverso, Carlos può riprendersi il primato, pareggiare i Major dell’anno (come accadde già nel 2024) e allungare nel computo totale. Nel frattempo hanno rinverdito il ricordo dell’immortale contrapposizione tra Federer e Nadal: nel maggio 2006, Roger a Parigi fu battuto per la prima volta in una finale Slam, da Nadal, ma il mese dopo fu incoronato a Wimbledon, infliggendo a Rafa la prima sconfitta nell’epilogo di un Major. Proprio come loro quest’anno. Sullo sfondo, il ricordo del quarto di finale del 2022 sull’Arthur Ashe, la loro unica sfida agli Us Open, quando Carlitos si impose in cinque set intensissimi annullando un match point: una delle sconfitte più brucianti della carriera di Jannik, consapevole di aver mancato d’un soffio la probabile, prima vittoria Slam in carriera (il murciano poi vinse il torneo). Ma il film della loro rivalità è un condensato di sceneggiature che cambiano: Alcaraz aveva vinto cinque confronti di fila prima che a Wimbledon, in quello che pareva il giardino di casa dello spagnolo, Jannik si rimettesse al centro del villaggio. E paradossalmente, Carlos in questa stagione ha cominciato a macinare risultati enormi dopo il rientro dalla squalifica della Volpe Rossa, mentre nei suoi tre mesi di stop pareva smarrito. Ovvio: hanno bisogno della vicinanza fisica uno dell’altro, di annusarsi da vicino, di avvertire la rispettiva, monumentale presenza. Perché al netto delle sfumature — Carlos leggermente più forte sulla terra, Jannik sul veloce, parità sull’erba — ogni loro incrocio è una spinta verso l’alto per entrambi: «Io e Carlos sappiamo tutto quello che c’è in gioco prima di ogni partita – ha detto una volta il numero 1 al mondo – ed entrambi cerchiamo costantemente di capire il livello dell’altro. Anche quando perdo, mi piace sempre giocare contro di lui perché mi dà un grande feedback su cosa migliorare». […]

“Compro i Lego e ci gioco la sera. Ho tanti pensieri, mi rilasso così” (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

«Mi sono appassionato ai Lego, moltissimo. Di sera, per esempio, costruisco con i Lego». Che cosa sta costruendo? «Un`auto, ovviamente». E se li porta dietro? «Dipende. Qui a New York so di avere un po` più tempo e c`è un negozio di Lego molto vicino al mio hotel. Perciò ci sono andato, ho comprato una Porsche. E l`ho finita in un giorno, in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Il mio istinto mi dice che l`ultima che ho preso è troppo grande… Ma mi piace. Metto su la musica e penso ad altro. Quando sei un tennista o un atleta, hai così tanti pensieri nella testa, e anche pressioni. Tutto il tempo. E quindi di sera mi piace…». Il ventiquattrenne Jannik Sinner si racconta – alternando italiano, tedesco e inglese – in un`intervista con un piccolo gruppo di giornaliste di testate internazionali, tra cui il Corriere della Sera, a New York dove si trova per giocare agli US Open. […] È molto diplomatico nelle risposte, ma resta in lui la spontaneità di un ragazzo. È il numero uno, ma è consapevole della natura provvisoria dello sport, che puoi fare solo da giovane e se qualcosa va storto puoi perdere tutto. «Non è neanche detto che io e Carlos siamo quelli lì, adesso è quasi due anni che stiamo giocando i Grandi Slam, ma le cose possono cambiare, se uno non si migliora altri giocatori arrivano… quindi tra altri due anni vediamo chi si è stabilito, chi si è migliorato, chi è peggiorato». La sua vita è tutta legata al tennis. Non ti sa dire quale sia la sua canzone preferita («ascolto tutto, non ho una playlist») […] non usa i social, ha una persona che li gestisce per lui. […] Il mondo degli adulti gli è per certi aspetti ancora straniero, ma ne è del tutto consapevole: quando gli chiediamo se segue la politica estera, replica «La politica? Si, ovviamente le cose importanti sì, parliamo anche con il team che ho, sono tutte persone adulte, però non i dettagli. Ne capisco anche poco».

Come sta, dopo Cincinnati? Si è ripreso?

Sto bene, oggi è il primo giorno dove sto di nuovo bene. Dove tutte le cose vanno bene. Abbiamo fatto qua due allenamenti tra oggi e ieri, quindi sta andando tutto verso la direzione giusta.

Cosa pensa del dibattito di questi giorni sul circuito sovraffollato di tornei? Si gioca troppo in condizioni proibitive?

A parte che non è facile perché ci saranno delle dinamiche dietro, che noi non sappiamo… ci sono dei giocatori che non son d`accordo, c`è sempre qualcosa, non puoi mai essere perfetto. Sai il torneo è quello lì, alla fine è una nostra scelta, come dico sempre, se vogliamo giocare o non vogliamo giocare.

In campo lei indossa ancora sul braccio destro il manicotto che aveva iniziato a portare a Wimbledon quando si fece male. Lo fa per precauzione o c`è altro?

Mi è piaciuto il feeling che avevo quando è un pochettino più compatto il braccio, a Wimbledon. A Wimbledon però era per un`altra roba. Non è prevenzione, è proprio pura sensazione in campo.

Ci pensa mai: «Sono il numero uno…»?

No, perché credo che sono sempre stato una persona umile e non mi piace dire “sono il numero uno al mondo”. Posso dire che sono un giocatore forte, però credo che si diventa numero uno non solo in campo da tennis ma per come gestisci le cose fuori dal campo, come ti comporti. Il tennis è importante, è la mia vita, ma è piccolo, non è tutto, e quando hai 35-40 anni il gioco finisce e poi devi anche decidere cosa fare dopo. […]

Come si prepara a ogni match? Come studia l`avversario? Guarda le statistiche? Guarda video?

Guardo tanto, analizzo tanto, soprattutto la sera prima di giocare contro un avversario, perché la parte visuale è molto importante, almeno per me. Con il coach normalmente prepariamo tutto prima della partita, abbiamo tante opzioni. Poi magari lui a volte ti dice delle cose, però io che sono in campo non me le sento, perché magari quel giorno certi colpi non li sento, e quindi non li uso. Alla fine la soluzione deve sempre trovarla il giocatore.

Quali parti del suo gioco vorrebbe migliorare?

Il servizio e il gioco a rete.

Tutti ammirano la forza mentale che le ha permesso di vincere Wimbledon dopo lo spettro della finale di Roland Garros persa nonostante i match points. Che cosa l`aiuta a trovare un atteggiamento positivo? Ci sono delle tecniche? Quanto lavora con lo psicologo? Oppure è puramente naturale?

Non è nulla di naturale, c`è tanto lavoro dietro, ma prima devi accettare i tuoi difetti e io all`inizio ho fatto fatica, perché pensavo di essere forte, e invece non lo ero. E ci abbiamo lavorato tanto sopra, con Riccardo Ceccarelli, stiamo lavorando già da anni insieme, mi aiuta. Ovviamente la differenza deve farla l`atleta, ma c`è tanto lavoro dietro.

Quali difetti?

Non essere paziente, voler fare subito tutto in uno. E invece non è questa la soluzione: devi sempre lavorare da un dettaglio all`altro e poi mettere pian piano insieme tutti i pezzi del puzzle. […]

“Gli Us Open sono lo Slam più duro. Sinner e Alcaraz partono alla pari (Stefano Semeraro, La Stampa)

Ivan Ljubicic, coach, campione e commentatore Sky: gli Us Open sono lo Slam più duro?

Sì, perché è l`ultimo Slam, e i giocatori arrivano spremuti. Perché i rimbalzi sono regolari e il campo veloce, quindi fai fatica a variare, perché fa molto caldo e il pubblico è rumoroso… Arrivare in fondo è più dura che a Londra o a Parigi.

Ci sarà la “bella” fra Sinner e Alcaraz?

Bisogna vedere se e come come ci arriveranno. Sulla terra è favorito Carlos, sull`erba Jannik. Sul cemento partono alla pari.

Per il secondo anno potrebbero spartirsi tutti gli Slam…

Continuano a migliorare e gli altri non gli stanno dietro. E negli Slam, 3 set su 5, è ancora più difficile sorprenderli. Alcaraz e Sinner tengono il livello alto per tutta la stagione, gli altri no. E capitato con Federer e Nadal. Poi però è spuntato Djokovic.

Quanto contano i team?

I top vincerebbero l`80-90 per cento delle partite anche da soli, il team serve soprattutto nei momenti difficili, e per anticipare le difficoltà. Una giornata storta del n.1 diventa una notizia mondiale. A quel livello un consiglio, una giornata passata bene, possono valere uno Slam.

Il caldo è un problema serio?

A Cincinnati e New York ha sempre fatto caldo. Però si gioca per il pubblico: che gusto c`è a starsene al sole con 40 gradi e 80 % di umidità a vedere due giocatori che soffrono? Non capisco chi ci guadagna. Ai miei tempi il torneo di Washington era una sofferenza. Poi hanno spostato l`inizio alle 16. Capisco le esigenze delle tv, ma conta lo spettacolo. Quello che la gente non può sentire è la temperatura del terreno, il caldo che viene da sotto. Se ci sono 40°, in campo sono 55°. Ti bruciano i piedi, è insostenibile.

Il virus di Cincinnati può condizionare Sinner?

Se sono stati solo due giorni, no. Per lui la prima settimana è un torneo a parte, è nella seconda che le cose si fanno più serie. […]

Gli Us Open sono cruciali anche per il numero 1 di fine anno.

Jannik ora ha 2000 punti in meno nella Race: se Alcaraz vince gli Us Open sarà complicato andarlo a prendere. Se vince Jannik, con davanti la stagione indoor il favorito diventa lui. Carlos si è iscritto a tutti i tornei possibili: ha sempre faticato fra Bercy e Torino, punta sui tornei prima. […]

È un tennis sempre più istintivo?

Si gioca più veloce, i tennisti sono più completi: conta l`intensità. Se rallenti gli altri ti `montano sopra`. Alcaraz ha tentato di alzare la traiettoria su rovescio di Sinner, ma rischia anche lui di prendere la palla in faccia. […]

Missione Paolini, stregare New York (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Nella prima giornata degli US Open 2025 scenderanno subito in campo Jasmine Paolini e Lucia Bronzetti. “Jas”, numero 7 del seeding, è reduce dalla finale conquistata nel Wta 1000 di Cincinnati e dai primi allenamenti a New York. La sua condizione fisica e mentale è un buon segnale di partenza, dopo alcune prestazioni altalenanti che avevano preceduto il Cincinnati Open: «Giorno dopo giorno a Cincinnati ho trovato buone sensazioni. Partita dopo partita le cose sono andate sempre meglio, sono contenta di aver ritrovato la fiducia e il mio livello di tennis: spero di portarlo anche qui – ha detto una sorridente Jasmine in occasione del media day -. A me piace quando sono pienamente in partita, quando sono nel presente e colpisco bene. Se poi in quei momenti il pubblico ti aiuta è fighissimo». Arrivata a New York senza aver di fatto festeggiato la finale raggiunta in Ohio, Jasmine ha fatto un gran tifo per la sua amica Sara Errani che ha vinto per il secondo anno consecutivo il titolo di doppio misto
allo US Open con Andrea Vavassori. Avrebbe dovuto essere in campo con Lorenzo Musetti in questo primo evento con un format diverso rispetto a quanto si vede negli altri Slam, ma non è potuta scendere in campo martedì a meno di 24 ore dalla finale. «Se avessi perso in semifinale, avrei giocato sicuramente, perché avrei avuto un giorno in più. È stato difficile per me. Gioco sempre singolo e doppio. Ho giocato singolo e doppio a Cincinnati, quindi ho pensato che la decisione migliore per me, per il mio corpo, fosse recuperare. Non scendere in campo il giorno dopo, dopo aver volato a tarda notte». Ciò che fa la differenza, soprattutto in chiave mentale, non è solo trionfare: «Vincere è importante, è la prima cosa. Ma nel mio caso è importante dimostrare che il livello c`è. Se lo faccio, posso accettare la sconfitta». Nella prossima notte italiana la toscana esordirà contro la 25enne australiana di Melbourne Destanee Aiava, n° 168 Wta proveniente dalle qualificazioni. […]








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