Lega e Cinquestelle diventati fan dello «Zerovirgola»
Lega e Cinquestelle sono sempre stati «No Zerovirgola». Nella passata legislatura, quando erano all’opposizione, non hanno mancato di criticare la crescita «zerovirgolare» del prodotto interno lordo quando ce n’è stata l’occasione. Né hanno mai digerito gli «zerovirgola» cari all’Europa dei conti in ordine quando si parla di rapporto tra deficit e Pil (che sarà mai uno zerovirgola in più o in meno?). Ma ora che sono rimasti prigionieri a loro volta degli zerovirgola (nel 2019 il Pil crescerà, nella migliore delle ipotesi, dello 0,2%) hanno deciso di rivalutarli. Anzi, di più, hanno lanciato una vera e propria campagna di riabilitazione dei decimali, imponendo una svolta alla narrazione pentaleghista, da sempre allergica ai numerini. Come mai? Per guardare al microscopio un cambiamento che a occhio nudo proprio non si vede.
Per Luigi Di Maio gli zerovirgola sono doubleface. Quando a novembre le tensioni con Bruxelles erano giunte al culmine e Roma lottava per strappare un rapporto tra deficit e Pil al 2,4%, per il leader M5S i decimali erano solo «numerini». Ora che invece ne ha bisogno, gli zerovirgola vengono sdoganati dal vicepremier come «numeroni». Il ministro pentastellato ha celebrato così il +0,8% segnato a febbraio dalla produzione industriale tricolore: «Sembra poco, ma è la dimostrazione che il Paese sta combattendo con tutte le sue forze per contrastare una congiuntura europea e internazionale molto critica».
Per Matteo Salvini i decimali non sembrano essere una scienza esatta. «L’Europa degli zerovigola è destinata a fallire», tuonava il leader del Carroccio a dicembre, sul palco di Piazza del Popolo a Roma, in occasione della manifestazione della Lega nella Capitale. Al contrario, l’Italia degli zerovirgola per il ministro dell’Interno è un treno che va, magari non proprio una locomotiva, ma cerca di farla passare almeno per un Intercity. Così ha difeso lo 0,2% di crescita stimato dal governo per il 2019: «Siamo prudenti. Meglio correre dopo ed essere più cauti prima».
Laura Castelli, neopromossa viceministra di Giovanni Tria al Tesoro, puntava una volta il dito contro l’ex premier Matteo Renzi definendolo «Mister Zerovirgola» e accusandolo di trascinare l’Italia in fondo al baratro. Il Documento di economia e finanza, quello in cui si fissa la crescita allo 0,2% nel 2019, è anche opera sua. Ha seguito da vicino pure i due dossier più caldi del momento, decreto crescita e sblocca cantieri, da cui dovrebbe scaturire (bene che va) lo 0,1% di crescita stimata per quest’anno. In tempi di vacche magre, anche l’onorevole pentastellata ha rinunciato a fare la snob con i decimali.
La favola gialloverde si è fatta un bagno di realtà. Le espressioni «boom economico», «anno bellissimo», «abbiamo abolito la povertà» hanno lasciato il posto a sfilze di numeri(ni). Il governo che non voleva rimanere ostaggio degli zerovirgola resterà in zona zerovirgola ancora a lungo, considerato che la crescita non si schioderà dai decimali per tutta la durata della legislatura. Il Pil, ha confermato il ministro del Tesoro, crescerà su base annua dello 0,8 per cento anche nel triennio 2020-2022.