Coronavirus, la figlia di un medico intubato: “Sei giorni a caccia di un tampone mentre il virus si diffondeva”
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Nella cittadina ora si cerca di risalire ai suoi contatti. La donna: «Ci hanno lasciati da soli mettendo a rischio la vita di mio padre. Ora anche io ho la febbre e chissà in quanti sono stati contagiati»
CAVA DE’ TIRRENI (SA). La battaglia contro Covid-19 è soprattutto il racconto di una lunga serie di errori della sanità dove i primi a finire in ospedale sono gli operatori sanitari ma subito dopo a rischiare sono tutti gli altri in una progressione che rischia di non avere fine ancora a lungo.
Antonio De Pisapia è tornato a casa venerdì 20 marzo dopo una lunga giornata di lavoro. È un medico di base di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Le sue sono sempre giornate lunghe che dallo studio lo portano di casa in casa tra anziani e malati fino a tarda sera. In queste settimane il lavoro è aumentato ancora: venerdì sera era stanchissimo e sabato 21 ancora di più.
Antonio De Pisapia è uscito di nuovo dalla sua abitazione soltanto il venerdì successivo, il 27 marzo, per farsi ricoverare nella struttura attrezzata per i casi sospetti di Covid-19. Il racconto di quei giorni in casa mentre il virus avanzava è l’ammissione di una sconfitta di un intero sistema incapace di frenare la diffusione dei contagi e di difendere chiunque, anche chi come Antonio De Pisapia sapeva perfettamente che cosa stava accadendo senza poter fare nulla se non assistere impotente.
Lo racconta la figlia Maria Rosaria che vive con lui. «Nel fine settimana papà aveva 38 di febbre, ha preso la tachipirina ma temeva di avere il virus. Ho iniziato a chiamare per ottenere un tampone, lui era in piena astenia, non aveva le forze per fare nulla».
Maria Rosaria chiama tutti. «Ho provato con i carabinieri, i numeri verdi, la Asl. Cinquanta telefonate al giorno. Carabinieri e numeri verdi mi dicevano che il tampone non era di loro competenza e la Asl ogni giorno rinviava. Nel frattempo le condizioni di mio padre peggioravano: era sempre più senza forze e la febbre non passava. Venerdì mattina ha deciso che non poteva aspettare ancora, è andato a farsi ricoverare nella struttura realizzata per i casi sospetti. Finalmente ha ottenuto un tampone, è risultato positivo. Ora è intubato all’ospedale San Leonardo di Salerno mentre anche io ho la febbre e sono in attesa di un tampone che non so quando potrò avere. Sei giorni sono passati ed è inaccettabile. Sei giorni di totale abbandono, da soli senza sapere che cosa fare. È inaccettabile per mio padre perché rischia la vita ed è inaccettabile perché si è creato un grave problema di rischio pubblico, per tutto questo tempo le persone venute a contatto con lui hanno continuato a uscire senza mettersi in quarantena per frenare i contagi».
In città infatti il sindaco Enzo Servalli ha lanciato un appello. Antonio De Pisapia è intubato, non è in grado di ricostruire i contatti avuti dal 7 al 20 marzo. Saranno decine e decine di persone, a loro il sindaco ha chiesto di segnalarlo al proprio medico. Cioè a quelli che svolgono lo stesso lavoro di Antonio De Pisapia.