Calci in pancia alla moglie, non voleva che partorisse
L’uomo, un 50enne di Medole, è stato condannato a due anni di reclusione. Contestate anche le lesioni gravi. Un inferno durato cinque mesi
CASTIGLIONE DELLE STIVIERE. Due anni di reclusione: è la pena inflitta stamattina dal giudice Arianna Busato a un 50enne di Medole finito a processo per maltrattamenti e lesioni la moglie.
«Se non abortisci ti ammazzo» le aveva detto sputandole in faccia, facendola coricare a terra e costringendola a strisciare per poi colpirla nuovamente a calci e a frustate. È finita in ospedale dal quale è stata dimessa con oltre venti giorni di prognosi.
Maltrattamenti che sono durati tre anni, dal dicembre 2102 al gennaio 2015. E sono coincisi proprio con i mesi in cui la moglie era incinta perché lui non voleva che partorisse. L’uomo è accusato di violenze inaudite: l’avrebbe percossa su tutto il corpo con calci, pugni e frustata con una cintura, anche dopo che il 21 giugno 2013 aveva interrotto la gravidanza. In quel periodo l’avrebbe schiaffeggiata e presa a pugni in testa e colpita alla pancia, tirandole i capelli e ferendola con un coltello.
Era finita in ospedale con una profonda ferita al cuoio capelluto provocata dalla lama di un coltello, escoriazioni e contusioni multiple causate dai colpi inferti sul corpo con una cintura di pelle che le hanno lasciato i segni.
Oltre alle botte le offese pesantissime a lei e ai suoi genitori che li ha definiti poco di buono.
Chiudendola spesso a chiave in casa le aveva impedito di uscire, di parlare di vivere in società. Questo l’aveva getta in uno stato di grande sofferenza e frustrazione che si è enormemente aggravato quando è rimasta incinta.
L’uomo non voleva che lei partorisse perché convinto che quel figlio non fosse suo. Da qui le sue violentissime reazioni come il tentativo di soffocarla con un cuscino mentre si trovava o di picchiarla con le scarpe sulla pancia. «Io non voglio questo figlio» - le urlava, mentre le spruzzava insetticida in faccia. Oltre ai maltrattamenti il 50enne è stato condannata anche per lesioni personali aggravate che potrebbero aver inciso pesantemente sulla vita del nascituro. Il giudice gli ha anche contestato l’aggravante d’aver usato violenza nei confronti di un familiare.