Il plasma non si trova più, dal Poma di Mantova ultimo appello

L’ospedale attiverà mail e telefono dedicati per incentivare le donazioni. Il primario Franchini: «Ogni giorno decine di richieste da ogni parte d’Italia»

MANTOVA. È un appello continuo quello che il primario dell’Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del Carlo Poma, Massimo Franchini, rivolge a tutti i pazienti guariti dal Covid-19 e che sono quindi in grado di donare il plasma iperimmune ricco di anticorpi.

«I ricoveri di pazienti colpiti da coronavirus sono in aumento – sottolinea il primario – e il plasma purtroppo scarseggia. Chiedo alle persone guarite di rendersi disponibili a donare, contattandoci».

Un appello accorato dopo che al Poma continuano ad arrivare richieste di plasma da tutta Italia. Centinaia le mail arrivate negli ultimi giorni all’indirizzo del reparto Trasfusionale e il telefono scotta da giorni, tanto che la linea risulta spesso occupata.

«Solo ieri – continua il dottor Franchini – ho ricevuto più di venti telefonate da ogni parte d’Italia, ma a Mantova ormai sono rimaste pochissime sacche, meno di una decina».

Per cercare di intercettare il maggior numero di donatori l’Asst di Mantova è corsa subito ai ripari: in queste ore, forse già da oggi, attiverà e-mail e numero di telefono dedicati solo per le donazioni di plasma e le informazioni per i cittadini saranno rese note attraverso un comunicato stampa.

«Nelle ultime settimane – spiega il primario del Poma – abbiamo usato sette-otto sacche al giorno, ma tante ne arrivano e tante ne facciamo. Si va a rilento perché dalla guarigione alla donazione passa circa un mese e dalla raccolta del plasma alla validazione passano altri dieci giorni. È un sistema piuttosto lento ma sicuro e non ci sono controindicazioni, sia per chi dona sia per chi riceve».

Nei giorni scorsi al Poma erano arrivate diverse segnalazioni, anche tramite lettere alla Gazzetta di Mantova, riguardo la difficoltà di contattare il Servizio Trasfusionale del per ricevere informazioni sulla donazione di plasma iperimmune.

La risposta dell’Asst è stata immediata: «Ci scusiamo per questo disguido, ma la nostra segreteria è stata presa letteralmente d'assalto da tantissime persone che chiamano da tutta Italia: alcune sono potenziali donatori, altre sono familiari disperati di pazienti Covid ricoverati in altri ospedali in condizioni gravissime. Purtroppo, questa situazione ripropone quello che abbiamo già visto in aprile: il plasma iperimmune è disponibile in pochissimi ospedali che non riescono a far fronte a tutte le richieste».

Franchini giovedì scorso alla trasmissione televisiva “Le Iene” era stato chiaro: «La terapia di prima linea più efficace contro il Covid al momento è costituita da cortisone, eparina e plasma iperimmune come agente antivirale. Da maggio non abbiamo avuto decessi nei pazienti trattati con il plasma e oggi anche i clinici all’inizio più reticenti stanno cambiando idea, perché secondo uno studio pubblicato dall’Oms gli antivirali finora utilizzati non sarebbero così efficaci. Anche lo studio indiano pubblicato alcune settimane fa che cercava di dimostrare che il plasma iperimmune non è efficace dimostra dei limiti perché il plasma raccolto ha una carica anticorpale bassissima e quindi è del tutto normale che in quella misura non funzioni. Noi raccogliamo solo plasma con carica di anticorpi molto più alta».