Isa, il fumetto/6: Ma se in sposa fosse andata proprio al duca Ludovico...

MANTOVA. Questa settimana ISA è a Milano: probabilmente non ci è arrivata in treno e chissà dunque se e con quali disagi e tempi... All’ingresso del Castello Sforzesco c’è Beatrice d’Este ad accoglierla. BEA (con la cuffia in testa) è la sorella di ISA (in verde), che a Milano si è fatta accompagnare da BETTA, Elisabetta Gonzaga, la sorella di Francesco II andata in sposa al duca di Urbino; Elisabetta porta una veste a righe d’oro e nero, di grande eleganza.

Le tre donne sono quindi le signore di tre dei più importanti stati padani dell’Italia rinascimentale: il ducato di Milano, il marchesato di Mantova e il ducato di Urbino. S’incamminano tra i cortili e i portici del grandioso Castello Sforzesco, ampliato e rinnovato grazie ai contributi prima di Filarete, chiamato da Firenze a Milano da Francesco Sforza per rinnovare la tradizione artistica locale, e poi da Bramante e Leonardo sotto Ludovico il Moro. Serve ricordare che lì c’è la leonardesca Camera delle Asse?

In particolare, la vignetta numero tre rappresenta uno scorcio della Corte Ducale dal cosiddetto Portico dell’Elefante: vi riportiamo una foto scattata poche settimane fa dal punto di vista opposto, per consentirvi di apprezzare l’accuratezza dell’ambientazione storica ricreata dai nostri autori, che hanno scelto nella vignetta di apertura – piccola “licenza poetica” – di mostrare l’aspetto attuale del castello milanese in realtà assai debitore ai restauri diretti da Luca Beltrami tra il 1893 e il 1905, per consentire ai lettori di riconoscere immediatamente il luogo dove si svolge l’episodio.

ISA, al solito, non riesce a staccare gli occhi dal cellulare: sta chattando e dando ordini per le finiture del suo studiolo nel castello di Mantova. Ma la sua distrazione, una certa noncuranza, per non dire strafottenza, muta quasi in collera quando BEA rimarca il fatto che Isabella sarebbe potuta andare in sposa, anziché al marchese di Mantova, proprio al duca di Milano.

E chi sarà mai questo Ludovico il Moro, sbotta ISA, se non “l’ennesimo signorotto ottuso”. Ma la sorpresa è dietro l’angolo.

Ludovico ci appare, nell’ultima vignetta, in profil perdu; ossia da dietro, un po’ di tre quarti. Un’angolazione che proprio allora e lì, ossia nella Milano di fine Quattrocento, prendeva forza figurativa, nel grande capolavoro che Leonardo andava dipingendo nel refettorio domenicano di Santa Maria delle Grazie. Nell’Ultima Cena infatti, Leonardo dipinge con quel profilo sfuggente la figura di Giuda: egli allontana lo sguardo dalla figura di Cristo e da noi, isolandosi idealmente dal gruppo di Apostoli con i quali pure siede a tavola. L’espressione profil perdu, Leonardo non la usò mai: è attestata solo dagli inizi del XIX secolo. Ma sappiamo che Leonardo fu un genio anticipatore e mi viene quasi il dubbio che quello smartphone dell’ultima vignetta, l’abbia progettato lui!

*Direttore del Palazzo Ducale di Mantova