Quindicenne mantovano schiavo del cellulare anche dieci ore al giorno
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La storia di un ragazzino che ha chiesto aiuto allo psicologo. Era collegato anche di notte: «Mi rassicura». Temeva la realtà circostante e si era rifugiato su un’isola felice autocreata
Collegato al cellulare anche dieci ore al giorno a soli 15 anni. Sveglio e intelligente ma ormai quasi schiavo e intrappolato nella rete che lo ha catturato e non lo molla. Neanche di notte. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Asst di Mantova un adolescente su quattro fa un utilizzo smisurato del cellulare. Si chiama nomofobia ed è la paura di rimanere scollegati dalla realtà circostante.
Il caso
«Recentemente ho seguito un ragazzino di 15 anni, intelligente ed estremamente sensibile - racconta Francesco Bonfà, psicologo clinico, psicoterapeuta, docente e formatore - che è arrivato ad usare cellulari e altri device anche dieci ore al giorno. Mentre mi raccontava il tutto, mi è sorta spontaneamente la domanda se dormisse anche col cellulare e mi ha risposto che senza non riusciva a prendere sonno e che il cellulare rappresentava per lui una sorta di autorassicurazione che tutto potesse andare bene». Un caso estremo, che però secondo lo specialista mantovano in realtà è molto frequente tra gli adolescenti. «Il problema - riprende il dottor Bonfà - è che i “grandi“ a volte sottovalutano e pensano che questo atteggiamento non rappresenti un pericolo per i figli. Nel caso che ho affrontato, quello del 15enne, il dispositivo arrivava a rappresentare una sorta di oggetto transizionale. Di fatto un potentissimo strumento con un valore psicologico che andava oltre la semplice dipendenza. Era principalmente a causa della sua grande sensibilità ed incapacità ad esprimere le emozioni che il ragazzo è arrivato a convertire il tutto attraverso la nomofobia e l’utilizzo compulsivo dei social».
Il percorso terapeutico
«In questi casi si aiuta l’adolescente a capire cosa si nasconde dietro la nomofobia. Questo ovviamente, cambia a seconda della specifica situazione: la paura di esprimersi, un timore ad affrontare la realtà circostante ricercando un’isola felice autocreata. Nel caso specifico del mio paziente, era la sua grande sensibilità e timidezza a confrontarsi con gli altri, che lo portava ad autoisolarsi ricercando conforto con il dispositivo».
Tecniche per disintossicarsi
«Ho usato una tecnica di rilassamento, il Training Autogeno di Schultz, per cercare di far diminuire lo stato ansioso del ragazzo che derivava dall’astinenza dal cellulare». Alla fine del percorso il ragazzo ha ridotto le ore sullo smartphone passando da 10 a 2-3. «Grazie anche _ conclude Bonfà - alla forza di volontà dell’adolescente che si è deciso nel farsi aiutare, come si dice in questi casi “dammi una mano nel darti una mano”».