Mamma Joi ha un lavoro, ma a Mantova nessuno le affitta casa
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foto da Quotidiani locali
Questa è la storia di Joi, di una mamma nigeriana di 25 anni arrivata fin qui dopo aver attraversato l’inferno in terra e in mare, grazie a un piccolo corridoio umanitario creato da un gruppo di famiglie mantovane. Era nove anni fa e oggi Joi ha il suo permesso di soggiorno, un lavoro al Brico, due bimbi di cinque e otto anni che frequentano le scuole in città eppure nessuno sembra disposto ad affittarle un alloggio. Ma come dice lei «la mia storia è la storia di tanti immigrati africani che come me che non riescono a trovare casa». Ed è solo per questo che ha accettato di raccontarcela.
L’emergenza abitativa, l’allarme della Caritas
La storia di Joi è rappresentativa di quella che la Caritas diocesana definiva nel suo ultimo rapporto «una vera e propria emergenza sociale»: l’accesso all’alloggio. «Nel mercato della locazione privata, l’unico realmente accessibile data la penuria di politiche pubbliche di edilizia sociale - si leggeva - è sempre più difficile corrispondere ai requisiti per poter sottoscrivere un contratto. I proprietari di alloggi cercano infatti di locare i loro beni a persone che possano prestare garanzia di un regolare pagamento dell’affitto. Ma il lavoro, sempre più precario, mobile e discontinuo e, spesso, sottopagato, non riesce più a rappresentare una garanzia di autonomia e, pertanto, per molte famiglie l’accesso all’abitazione costituisce quasi un miraggio». E se in più arrivi dall’Africa, devi fare i conti anche con un mercato privato delle locazioni recalcitrante ad affittare ai migranti anche a fronte di un contratto di lavoro e persino, come nel caso di Joi, di garanzie terze.
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Se il lavoro non basta per trovare un alloggio
Il fatto è che «a fornire garanzie economiche non ci arrivi neppure: quando sentono che si tratta di una giovane nigeriana con due bambini piccoli, la scusa è subito pronta» raccontano Gianluca e Giuseppina che insieme a Veronica, Angela, Stefania, Flavio e tanti altri l’hanno aiutata ad arrivare sin qui e ora fanno a gara a darle una mano per i documenti, i compiti dei bambini, i colloqui a scuola, l’iscrizione ai Cred, il medico, la spesa, il tirocinio prima e il lavoro poi. Comprese due stanze messe a sua disposizione in città in attesa che qualcuno le affitti una casa vera, anche in condivisione con altri, per costruirsi una vita autonoma con i suoi bambini.
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Le famiglie del cuore ha aperto le sue porte
«Perché solo se abbiamo casa e lavoro possiamo diventare persone migliori» ci dice Joi che si considera fortunata perché lei qui ha trovato questa grande famiglia allargata: «Esistono le famiglie di sangue e quelle di cuore e io prima di incontrare loro non sapevo cosa fosse l’amore». Lei che aveva 16 anni quando è arrivata a Lampedusa salvata da un gommone che imbarcava acqua dopo aver attraversato il deserto ed esser sopravvissuta all’inferno libico. Lei che ora che ce l’ha fatta ad avere documenti e lavoro in regola: «Più di così cosa posso fare?».