Morta di melanoma 11 anni dopo l’operazione al neo. Medico veneziano a giudizio
Avrà inizio il 24 settembre il processo al medico dell’Usl Serenissima accusato di omicidio per colpa medica per non essersi accorto - è l’accusa che gli muove il pubblico ministero Giovanni Gasparini - che in neo asportato all’allora appena diciannovenne Jessica Foscarin vicino al seno, era un pericolosissimo melanoma. Lo stesso che l’ha uccisa undici anni dopo, quando di anni ne aveva appena compiuti 31 e stava preparando le sue nozze.
Ieri, la giudice per le udienze preliminari Barbieri ha accolto le richieste della Procura e rinviato a giudizio il medico: unico indagato, è lo specialista dell’Ospedale all’Angelo che firmò nel 2010 l’esame istologico del neo asportato, non rilevando anomalie maligne.
L’avvocato difensore Simone Zancani, dello studio Simonetti di Mestre, si è battuto per il proscioglimento, sostenendo che il tumore della pelle che ha ucciso la giovane donna fosse particolarmente raro e, per questo, imperscrutabile. Alla fine, comunque, non ha chiesto riti alternativi, optando per una difesa in aula.
La consulenza medico legale affidata dal pubblico ministero Giovanni Gasparini in corso di indagini, aveva confermato le conclusioni dei consulenti della famiglia di Jessica Foscarin, che ha presentato denuncia penale e - davanti al Tribunale civile - una richiesta di risarcimento milionaria. Per il medico legale il melanoma che ha ucciso la donna, si è formato esattamente laddove undici anni fa le venne tolto quel primo neo. La cui gravità non era però stata diagnosticata.
Impossibile “leggerlo” allora, secondo la difesa. Un errore medico per l’accusa. Tant’è che la gup Barbieri ha deciso per il rinvio a giudizio del medico. Sarà il Tribunale di Venezia a decidere.
All’epoca, nessuno specialista aveva avuto dubbi sul fatto che si fosse trattato di una formazione benigna: l’esame istologico eseguito all’ospedale all’Angelo aveva dato esito negativo. Ma quando a 28 anni di distanza, nel 2020, a Jessica venne diagnosticato - nello stesso punto - un melanoma maligno, la storia è stata riavvolta drammaticamente all’indietro. Le indagini mediche hanno riportato a ritrovare il vetrino di quel lontano esame. Una nuova lettura e l’esito definitivo: melanoma, individuabile già allora, per la famiglia e per l’accusa.
Mentre la giovane commessa de la Nave de Vero - residente a Campagna Lupia, dal sorriso e dall’ottimismo contagioso, si divideva tra il lavoro, i cicli di chemioterapia e i preparativi per le nozze con il fidanzato Alex, in programma di lì ad un anno - la famiglia si era attivata con l’avvocato Mauro Artieri per presentare un esposto e per capire come fosse potuto accadere: perché non capitasse ad altri. Mai una parola di rancore o rabbia dalla bocca della giovane donna.
Poi la morte, nel 2022, durante un ricovero all’ospedale di Mirano. Così il fascicolo allora aperto dalla Procura con l’ipotesi di lesioni gravi colpose, si era trasformato in un’indagine con ipotesi di omicidio per colpa medica. Ora il processo penale avrà il suo corso. A marzo, i genitori, il compagno convivente, il fratello e il nonno - affidandosi agli avvocati Massimo Dragone e Anna Paola Klinger - hanno presentato un ricorso civile, chiedendo un risarcimento danni quantificabile in oltre un milione di euro.
«L'Azienda sanitaria, mentre ribadisce la vicinanza alla famiglia per il grave lutto», è la nota di oggi, dell’Asl serenissima, «attende l'esito del procedimento penale, e sottolinea come già proprio nel corso dell'iter giudiziario sia stata evidenziata la complessità del caso clinico e della conseguente diagnosi».