Cinesi e bengalesi a caccia di alloggi a Mestre: le locazioni turistiche parlano straniero

foto da Quotidiani locali

Basta dare un’occhiata ai campanelli dei palazzi residenziali di Mestre e contare le scritte “locazione turistica”, per rendersi conto del boom affitti brevi, soprattutto nella zona a ridosso della stazione. L’area che si sviluppa lungo le direttrici via Cappuccina, Corso del Popolo via Piave e laterali, sta diventando terreno di conquista per chi vuole fare affari con quella fetta di turismo che punta su Venezia ma vuole spendere meno e aggirare norme che diventano stringenti.

Cinesi in testa – da un pezzo – e bengalesi subito dietro, stanno acquistando appartamenti a basso costo (in via Piave se ne trovano addirittura sotto ai 50 mila euro) per ristrutturarli e metterli a reddito. «Un giorno sì e un giorno anche», racconta R.T, residente in via Piave, «mi suona la titolare cinese degli appartamenti di sopra, per chiedermi se le “svendo” casa mia per fare affittanza. Ristrutturano – un bagno per ogni stanza – e poi affittano».

E sono molti i bengalesi che stanno cavalcando il business, pubblicizzando nelle loro pagine social le locazioni turistiche. Appartamenti con tutti i servizi, comodi a Venezia, situati in zone degradate ma riforniti di facilities e vicini ai mezzi, quello che serve ai turisti low cost e non.

Il boom

Su 9.007 strutture registrate nel Comune di Venezia, 2.061 si trovano in terraferma. E nelle buche delle lettere, i mestrini si ritrovano pubblicità di agenzie nate con questo scopo.

Ondina Giacomin, di Abbav, l’associazione che raggruppa i gestori di Bed & breakfast, locazioni turistiche e case vacanza, non ha dubbi, e lo dice con un pizzico di polemica: «Il futuro delle locazioni turistiche è a Mestre per due motivi. Il primo è che se chiudi le attività a Venezia perché le locazioni sia con partita Iva sia con codice fiscale senza fosse settiche in centro storico non si possono aprire, allora si emigra in terraferma. La seconda riguarda la proprietà privata: non abbiamo la certezza di avere a disposizione un bene in caso di necessità, cioè nel caso in cui un inquilino non paghi l’affitto. La paura di non essere tutelati dalla legge porta a questo. Ricevo almeno quattro, cinque telefonate al giorno di persone che mi dicono “mi è morto il nonno, ho in disponibilità un appartamento, ho ereditato, ma ho paura ad affittarlo”. Quindi il futuro delle affittanze è a Mestre non per colpa dei proprietari degli immobili, ma perché lo Stato italiano non salvaguarda la disponibilità della mia proprietà nel caso in cui un inquilino non paghi l’affitto e in casa ci sia un figlio piccolo o un anziano. Manca lo Stato di dritto e la certezza del possesso del bene».

Un’opportunità che va guidata

«Se il futuro delle affittanze è a Mestre», commenta Alvise Canniello direttore Confersercenti metropolitana Venezia, «bisogna ripensare i servizi a disposizione in termini di accoglienza-offerta-esperienza, che non possono venire meno quando si parla di extra alberghiero. Se per le locazioni brevi passa la rigenerazione di alcune aree di Mestre ben venga, va pensato un percorso già oggi, in termini di cosa la città offre e cosa diamo al turista che viene e alloggia in case e b&b in modo che sappia che oltre a Venezia c’è Mestre. Facciamoci una domanda su come valorizzare la città in questi termini».

Il volto delle affittanze brevi

Il turismo extra alberghiero in terraferma è stato oggetto di un tavolo tecnico con gli operatori del settore che la Cna Metropolitana di Venezia ha organizzato in collaborazione con Abbav. Sul tappeto una ricerca che – come ha spiegato il direttore Cna per l’area comunale veneziana Roberto Paladini – ha previsto la somministrazione di un questionario alle locazioni extra alberghiere del Comune, a cui hanno risposto una cinquantina di attività di Carpenedo, Favaro, Marghera e Chirignago. L’iniziativa si inquadra a sua volta nell’ambito di Mestre Next, progetto di riqualificazione coordinato da Confesercenti e finanziato dalla Camera di Commercio.

Short stay

In estrema sintesi, la fotografia scattata dal questionario dice che si tratta di realtà che agiscono su una sola struttura (il 73%) che in generale (49% degli intervistati) non supera i cinque posti letto; in maggioranza (51%) accolgono gli ospiti per non più di due notti: il classico short stay. Sono aperte per la maggior parte dell’anno (il 63% supera i 250 giorni) e per lo più gestite direttamente, senza collaboratori (54%).

I dati della ricerca evidenziano che il 51% degli intervistati sarebbe disposto con agevolazioni fiscali a convertire la destinazione d'uso a residenzialità, e che addirittura il 63% accetterebbe di locare il suo immobile a lavoratori o studenti purché garantito sulla regolarità dell'affitto (ad esempio con un fondo di garanzia sulla morosità). —

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