Arrivano i letti al rifugio notturno a Mantova, volontari e senzatetto al lavoro insieme

foto da Quotidiani locali

«È una mattina di gioia perché finalmente li ho visti tutti a posto, oltre a essere contenti per le nostre colazioni, ora sono felici perché potranno dormire comodi: i loro cuori verso di noi si aprono sempre con dei grandi sorrisi e questo ci da una gioia immensa». La voce commossa di Angela, volontaria sin dalla prima ora delle colazioni ai profughi che dormivano in piazza Castello, chiude un sabato mattina speciale al rifugio notturno per i senzatetto aperto per l’inverno nell’ex seminario. La mattina dell’arrivo dei letti, donati e acquistati grazie alla raccolta fondi lanciata dalla Caritas per sostituire la brandine offerte dalla Croce Rossa.

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Una mattina speciale

A renderla speciale non erano solo le venti reti, i venti materassi ancora imballati così come i cuscini nuovi finalmente arrivati, ma chi quelle reti, quei materassi, quei cuscini ha scaricato dal camion e sistemato: così come quando a inizio inverno si trattò di sgomberare la palestra-magazzino per trasformarla in rifugio, la macchina dei volontari anche stavolta non ha esitato a mettersi in moto. C’era Angela con i suoi oltre 70 anni, che qui gli ospiti chiamano mamma o nonna. C’era Cristina, che organizza i turni per le colazioni, il direttore della Caritas diocesana Matteo Amati, giovanissimi scout, parrocchiani e cittadini che in una decina insieme a Mohammed, Billal e Asel hanno preparato tutti i letti.

Mohammed, Asel e Billal

Appuntamento alle 9 in via Cairoli. Come spiegato loro nei giorni precedenti, gli ospiti prima di affrontare l’ennesima giornata alla ricerca di una vita da costruire, hanno smontato le brandine e riposto coperte e quant’altro in appositi sacchi che riportano i loro nomi. Il camioncino Caritas sta arrivando e servono braccia forti per scaricare le venti reti, i materassi e gli scatoloni con cuscini e biancheria da letto. Mohammed, Asel e Billal in mattinata non hanno la scuola di alfabetizzazione e si sono resi disponibili per dare una mano. E accade che tra un lenzuolo da tirare o una rete da spostare, provano nel loro italiano un po’ stentato a raccontarti che sono arrivati da appena tre mesi e in due ancora aspettano di essere convocati per il famoso documento. Che Billal in Afghanistan ha lasciato due bimbi di 4 e 6 anni (e lui ne ha 21), che prima dell’Italia è stato un anno e mezzo in Turchia dove facevo lo chef, dice con orgoglio mentre mostra le foto su Instagram che lo ritraggono all’opera ai fornelli. Che Mohammed e Asel invece sono del Pakistan, che il “the game” della rotta balcanica per loro è durato anni passando dalla Turchia alla Grecia prima di raggiungere Trieste. «In Grecia sono rimasto 12 anni» racconta Mohammed che ne ha 28 e riesce a sorridere mentre aggiunge «ho lasciato il mio Paese che ero un bambino».

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I volontari

Quello che il rifugio notturno ogni volta muove e smuove è Matteo Amati a spiegarlo: «Questa esperienza di accoglienza per l’inverno ha messo un po’ a sistema tutte quelle che erano le energie che si muovevano intorno alla città sulla grave marginalità. Istituzioni, Caritas e terzo settore e un gruppo di volontari, che già l’anno scorso era impegnato ad aiutare le persone che dormivano in piazza Castello, quest’anno si sono resi disponibili per svuotare la palestra prima e oggi per spostare brandine e letti. È un gran bel segno di gratuità che coinvolge scout Agesci, Cngei, Masci, liberi cittadini, parrocchiani: un bel segno di vicinanza che la città offre alle persone in difficoltà in collaborazione con gli stessi ospiti». E come dice Cristina non solo «è bello sapere che queste persone ora potranno dormire in modo più confortevole e accogliente invece che su delle brande» ma è anche «bellissima questa squadra di volontari composta anche da alcuni ospiti come Mohammed e Billal che ci stanno dando una grande mano a realizzare un posto più accogliente dove loro stessi poi dormiranno».

Obiettivo raggiunto

Era stato il vescovo Busca durante la visita pastorale a lanciare l’idea che qualcuno si facesse carico di una raccolta fondi per poter fornire agli ospiti del Piano freddo letti al posto delle brandine. Detto fatto: in poche settimane sono arrivati oltre 13mila euro insieme a reti donate da alberghi e cittadini. La città ha risposto e in una gelida mattina di gennaio l’obiettivo era già raggiunto: i senza dimora di Mantova ora dormono non solo al caldo e al coperto ma in letti veri.