La Fondazione Morpurgo di Trieste perde il duello sulle nomine nel direttivo
foto da Quotidiani locali
TRIESTE Lo statuto della Fondazione Morpurgo non si tocca. I giudici della Quinta sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Diego Sabbatino, hanno respinto il ricorso presentato dalla stessa Fondazione, che voleva modificare le nomine del consiglio di amministrazione, al fine di accedere all’elenco degli enti del Terzo settore. Il cda, entrato in carica a fine 2016, scadeva nel 2021, ma le nomine dei nuovi componenti del consiglio erano state sospese, proprio in attesa che prima il Tar e poi il Consiglio di Stato si pronunciassero sulle modifiche statutarie. Ora, sentenza alla mano, il Comune di Trieste, la Camera di commercio e la Confcommercio dovranno dunque provvedere a indicare i nuovi consiglieri e il nuovo presidente.
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Ma andiamo con ordine, tenendo presente che la Fondazione è proprietaria dell’importante immobile all’angolo tra via Imbriani e via Mazzini. Con i proventi delle locazioni degli alloggi e dei fori commerciali sostiene famiglie con fragilità economiche.
Lo statuto prevede un cda con cinque componenti: tre nominati dal Comune e uno ciascuno dall’ente camerale e dalla Confcommercio.
Lo statuto “aggiornato” prevedeva invece la nomina di due componenti dalla Federazione del volontariato del Fvg e uno ciascuno per Comune, Camera di commercio e Fondazione Caccia Burlo. La Regione (che ha competenza sugli statuti delle fondazioni), nel 2020, aveva negato l’approvazione di quelle modifiche. Un provvedimento che la Fondazione aveva impugnato, presentando ricorso al Tar, che nell’agosto del 2021 lo aveva respinto. A quel punto la Morpurgo era ricorsa al Consiglio di Stato. Nel corso del giudizio si erano costituiti la Regione, il Comune e la Camera di commercio.
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Le modifiche dello statuto «erano scaturite – spiega Pierpaolo Gregori, presidente uscente della Fondazione – da una rilettura del testamento di Mario Morpurgo. A nostro parere, nello statuto non c’era conformità con le sue volontà, e da lì abbiamo avviato le modifiche».
La prima, quella che appunto interveniva sulle nomine del cda, mirava all’iscrizione al registro del Terzo settore, dal quale avrebbe potuto essere esclusa, in quanto «soggetto controllato, coordinato o diretto da un ente pubblico», si legge nel ricorso. L’altra riguardava i beneficiari degli aiuti: persone bisognose con particolare attenzione al mondo dei commercianti. La modifica puntava a togliere quella specifica.
Il Consiglio di Stato, nella sentenza – che condanna la Fondazione a pagare 6 mila euro per le spese di giudizio – rileva come la legge regionale «conferma che le sopravvenute vicende storiche non superano il vincolo di destinazione allo scopo impresso nelle tavole fondazionali, espressione della volontà del fondatore di riconoscere al Comune un ruolo prioritario nell’assetto organizzativo».
Quindi, le tre nomine da parte dell’amministrazione comunale non si toccano. «Nonostante quello che qualcuno può pensare – così Gregori – sono contento di questa sentenza, perché, stabilendo che la nostra Fondazione può comunque iscriversi al Terzo settore, fa giurisprudenza e fa chiarezza su aspetti controversi che riguardano anche altre fondazioni all’interno delle quali, nel cda, siedono enti pubblici».
Dopo il pronunciamento «abbiamo invitato gli enti a indicare i nuovi componenti del cda – aggiunge Gregori – e, non appena ci verranno forniti, convocherò il primo consiglio, aprirò i lavori, e poi me ne andrò».–
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