Mose, il piatto ricco della manutenzione: dieci anni di lavori e seicento milioni
La manutenzione delle paratoie del Mose è in grave ritardo. Sono 86 (78 sott’acqua, 8 di riserva), e ne sono state ripulite soltanto due. Nelle tre bocche di porto il tempo indicato dal progettista (5 anni per la manutenzione ordinaria, 10 per quella straordinaria) è ampiamente scaduto.
Il jack up, la nave attrezzata costata 52 milioni di euro per rimuovere le paratoie più grandi di Malamocco, Lido e Chioggia, è ancora inutilizzabile. Sarà pronta solo nel 2025. E il rischio aumenta. Perché se è vero che le due paratoie esaminate si presentano in stato discreto di conservazione, si tratta di un campione piccolo e non significativo. Dunque, occorre fare presto. Recuperare i ritardi e cambiare direzione.
È questo il contenuto del rapporto segreto consegnato in questi giorni al Provveditorato, alla commissaria Spitz e al ministero dal Consorzio Venezia Nuova.
Il concessionario unico creato nel 1984 che secondo la legge dovrebbe essere sciolto, ma che adesso rilancia e si propone come soggetto per la manutenzione.
Vicenda complicata. Perché il Ministero aveva deciso nel dicembre del 2022 di affidare l’attività a Fincantieri, definendo di pubblico interesse la proposta di “partenariato pubblico privato” depositata dall’azienda di Stato, leader nel settore della cantieristica. Ma adesso si cambia e si torna all’antico. Il provveditore Tomaso Colabufo e il presidente in pectore dell’Autorità per la laguna (in attesa di registrazione dalla Corte dei Conti) Roberto Rossetto hanno presentato al Ministero di Salvini una proposta operativa sulla manutenzione conservativa del Mose firmata dalle imprese consorziate.
E adesso arriva lo studio del Consorzio. Trentadue pagine “top secret” in cui viene spiegata e analizzata la complessa manutenzione del sistema Mose, che vive sempre sott’acqua. Soggetto dunque a degrado e corrosione. La soluzione proposta nel documento è quella di assegnare allo stesso Consorzio e alle sue imprese l’avviamento anticipato delle attività di manutenzione. In questo modo, conclude il documento, «si potrà accelerare al massimo il primo ciclo di manutenzione delle paratoie, mitigando contestualmente il rischio di interruzione delle operazione».
Le altre ipotesi, come l’affidamento a terzi dei lavori tramite gara, potrebbero causare problemi secondo il Consorzio. Dunque è necessario che «almeno le fasi delicatissime di rimozione e installazione delle paratoie siano fatte dal personale del Mose».
I tempi per le operazioni sono adesso calcolati in almeno due mesi per la manutenzione ordinaria di ogni paratoia e dei suoi sistemi come cerniere, connettori, valvole. Quattro mesi per la straordinaria. Considerando che per ogni barriera sono disponibili soltanto due paratoie di riserva e che le operazioni si potranno svolgere soltanto nel periodo estivo – quando l’acqua alta non ci dovrebbe essere – per ripulirle tutte ci vorranno almeno altri dieci anni. Nel frattempo la situazione sott’acqua potrebbe peggiorare. «Non siamo in grado di sapere», scrivono gli ingegneri del Consorzio, «il reale stato di conservazione della struttura».
Ed ecco la proposta. Che cozza però contro le decisioni assunte negli ultimi due anni dal Ministero. Con la decisione di affidare i lavori a Fincantieri e fare le gare. Un ritorno al sistema della concessione unica che trova molte opposizioni. Così Flavio Tosi, deputato di Forza Italia, ex leghista sindaco di Verona, ha presentato un’interpellanza al ministro Salvini in cui chiede di sapere perché la gara decisa nel dicembre 2022 per affidare la manutenzione «abbia subìto per motivi ignoti l’arresto del procedimento per più di un anno negli uffici del Provveditorato, preferendo ora un affidamento diretto senza gara».
E se «non si ritenga preferibile ricorrere a una procedura di evidenza pubblica, visto che la concessione diretta pregiudicherebbe la miglior offerta possibile in termini di costi e qualità stante l’assenza di un confronto fa più proposte».
Una guerra aperta sulla manutenzione del Mose e dunque sul futuro della grande opera da 7 miliardi di euro e sugli almeno 600 milioni – già stanziati – per finanziarla.