La comunità bengalese contro Brugnaro: «Non può parlare così»
«Se un negozio non rispetta le regole va sanzionato, che sia bengalese o italiano, siamo i primi a dirlo. Ma qui non parliamo di estetica, igiene o di disordine ma di violenza e di diritto a vivere senza essere aggrediti, rapinati o accoltellati. La richiesta di sicurezza non fa distinzioni, a chiederla sono stati 5mila cittadini italiani l’anno scorso: Brugnaro è sindaco di tutti non solo di una parte della città, per questo stiano organizzando una nuova manifestazione, ancora una volta uniti, per ottenere tutele».
Prince Howlader, di Giovani per l’Umanità, risponde alle dichiarazioni del primo cittadino, che martedì si è lasciato andare a critiche sulla comunità bengalese, la più numerosa in città – solo a Mestre i bengalesi stando al dossier statistico 2023 erano 7. 858, ora sono di più – dopo che la settimana scorsa il titolare di un locale era stato accoltellato da uno straniero: «Alla comunità bengalese dico che sono persone nella stragrande maggioranza per bene ma c’è bisogno di cura nei dettagli, della propria persona, quando si va in giro, bisogna sapersi integrare anche rispettando gli sforzi che la città sta facendo. Li riceverò senza comunque dimenticare che quando uno apre un negozio deve tenere in ordine, rispettare le regole. Da parte nostra c’è massima disponibilità. Ma qui comandiamo noi».
«Noi chi?», domanda la comunità bengalese, che sta organizzando l’ennesima marcia contro la violenza, per chiedere pace. «Se un negozio o una macelleria non rispetta le regole, che mandino i Nas, se qualcuno non ha i requisiti, venga multato. Ci mancherebbe, ma la questione non è il bengalese che ha un negozio, ma il fatto che domenica mattina una donna bengalese alle sette mentre si recava a lavorare a Venezia è stata rapinata da tre stranieri, gettata a terra, si è rotta un dente e ha preso un colpo allo zigomo. E questo davanti alle telecamere di via Aleardi, questi sono i problemi della società, non il negozio in disordine, per quello Brugnaro lanci progetti di formazione con la Confesercenti o le categorie di turno».
Prosegue: «La comunità bengalese chiede sicurezza dal 2022, i cittadini, italiani e bengalesi sono scesi in strada, hanno chiesto di essere ricevuti e lo chiedono ancora». Molti locali bengalesi, creano aggregazione e sono tenuti meglio di altri. Esempi ce ne sono. Come il nuovo supermercato di Wasim Haque in via Carducci, che ha acceso le luci di un’attività spenta e contribuisce a illuminare una strada buia, dove il degrado faceva da padrone.
«Da quando ci siamo noi», racconta Wasim, «la gente è contenta, c’è meno criminalità, meno senza tetto che bivaccano, gli anziani ci fanno i complimenti e anche noi lavoriamo meglio. Non è una questione di italiani o bengalesi».
Ragiona Howlader: «Le questioni igieniche si superano e siamo noi per primi a dire che è necessario, ma qui parliamo di persone che vogliono andare a lavorare a Porto Marghera, nelle fabbriche, a Venezia, nei ristoranti, alla Fincantieri, e non ci riescono perché vengono rapinate alla fermata dell’autobus, aggredite per il portafoglio, i soldi, la borsa, il cellulare, i nostri concittadini vengono picchiati». Infine: «La donna bengalese rapinata è una rappresentante molto conosciuta. La comunità ha preso molto male questo gesto, perché ora le donne si sentono insicure e hanno paura, per questo vogliamo organizzare una manifestazione».
Anche Kamrul Syed, presidente della Venice Bangla School, è intervenuto: «I bengalesi lavorano, pagano le tasse, aprono attività chiuse e accendono negozi spenti. Da tempo la comunità bengalese chiede tutela al sindaco e soprattutto sicurezza. Non solo per noi, ma per tutti i cittadini, non facciamo distinzioni, perché la violenza e gli episodi di criminalità in questa città colpiscono tutti, indistintamente. I bengalesi sono esposti, perché vengono rapinati quando vanno al lavoro, alle fermate dell’autobus. Ogni settimana contiamo episodi di questo genere. Il fatto che oggi queste persone abbiano iniziato a prendersela anche con le donne, è ancora più pericoloso, perché significa che hanno capito che sono loro a occuparsi di fare le spese, svolgere le mansioni quotidiane, pensano che abbiano denaro in tasca, e noi temiamo per loro».
Kamrul Syed chiude: «Lanciamo un forte appello al sindaco perché stia dalla nostra parte e ci aiuti, lui è sindaco di tutti, non solo di una parte di città»