Tangenti per la Rsa di Santa Maria di Sala, l’ex sindaco ammette: «ho chiesto 100mila euro»
foto da Quotidiani locali
A leggere i verbali degli interrogatori degli indagati sembra quasi che il comune di Santa Maria di Sala, per un certo tempo, sia stato trasformato in un’agenzia d’affari immobiliare.
Il primo a chiedere alla Procura di parlare – per difendere sé stesso e puntare l’indice contro l’ex sindaco Nicola Fragomeni – è stato il 15 marzo 2023, l’ex sindaco e consigliere comunale, l’ingegner Ugo Zamengo.
Davanti alla pubblico ministero Federica Baccaglini – che ha indagato sul presunto giro di mazzette in cambio di terreni impreziositi da varianti urbanistiche – si parte dall’Affare S., ovvero, dall’accusa principe dell’indagine per tangenti che ha terremotato il Comune di Santa Maria di Sala.
La ricostruzione dei fatti
All’epoca, si cerca un terreno per realizzare la nuova casa di riposo di Santa Maria di Sala, che gli imprenditori Cazzaro e Camporese (soci nella Relaxxi) hanno in animo di fare.
Si mette così in moto la macchina amministrativo-affaristica che – secondo l’accusa – aveva al vertice Fragomeni, vedeva in Zamengo il braccio destro tecnico, passava per i progetti dell’architetto Massimo Carraro (che si è sempre difeso solo in quanto professionista) e necessitava della mediazione del dirigente dell’Edilizia privata Carlo Pajaro.
Gli imprenditori Cazzaro e Camporese – che si sono sempre dichiarati estranei a qualsiasi trattativa e che anche gli altri indagati non tirano in ballo – cercano un terreno per la casa di riposo.
Il sistema punta gli occhi sull’area per il quale l’architetto S. aveva presentato in Comune un piano di lottizzazione commerciale-residenziale.
«Fragomeni chiese i soldi»
Tramite Pajaro, si organizza un incontro al bar Al Gallo.
«In occasione dell’incontro avuto il 21 ottobre 2019 (al bar) tra me, il sindaco Fragomeni e il signor S. ci fu una richiesta esplicita di denaro da parte del sindaco Fragomeni», dice Zamengo a verbale, che per sé stesso invece «esclude ogni addebito, ritengo ogni mio comportamento lecito», raccontando che come professionista si è già occupato di case di riposo, insieme all’architetto Carraro, avendo come cliente storico la Relaxxi rappresentata da Cazzaro e Camporese per la realizzazione di un Rsa.
Relazioni professionali, dice.
Ma torniamo ai soldi: «L’incontro fu organizzato dal sindaco, il luogo scelto da lui. Il sindaco iniziò il colloquio con S. affrontando subito la questione economica, tanto da mettermi in imbarazzo, perché era la prima volta che vedeva S. In buona sostanza diede concretezza a quello che mi aveva detto e cioè che S. doveva essere riconoscente».
«Ebbi l’impressione agisse da intermediario non più da sindaco. Mise in evidenza che la richiesta era di 1, 2 milioni e che quindi 100 mila euro in più rispetto a quanto offerto dall’acquirente a S. per il progetto che non era realizzabile. E per tale motivo chiedeva 100 mila euro per sé stesso».
«Avrei dovuto alzarmi e andarmene», conclude Zamengo, «invece non l’ho fatto e ho sostenuto la richiesta».
«Me ne pento amaramente, ho chiesto 100mila euro»
Corrisponde al vero che lei ha chiesto del danaro all’architetto S.? Chiede la pm Federica Baccaglini a Nicola Fragomeni.
«Sì, è vero! », ammette l’ex sindaco, «me ne pento amaramente, ho chiesto 100 mila euro per la mediazione immobiliare tra l’architetto S. e l’imprenditore Cazzaro per l’acquisto del terreno per la casa di risposo».
È il 23 aprile 2023 e l’ex sindaco ai domiciliari (difeso dall’avvocato Fogliata), ammette quello che non può negare, perché tutto fissato nel file che lo stesso S. ha registrato non fidandosi affatto di quell’incontro al bar: «Devi chiedere 1 e 100 in bianco e 100 devono essere fuori», si sente dire Fragomeni, «un black». «Un delta», dice Zamengo.
L’ex sindaco sostiene di aver dato «per implicito perché per prassi vengono riconosciuti compensi per le mediazioni immobiliari, se uno si dà da fare per mettere insieme acquirente e venditore di solito c’è un ritorno. Se S. mi avesse dato 100 mila euro ne avrei dato parte a Zamengo per l’aiuto nella trattative a Pajaro per il contributo tecnico».
Ma poi ammette di non ave «anticipato nulla a loro». La tesi della difesa è «non pensavo di operare da sindaco, ma da mediatore». Tant’è. S.va dai carabinieri con la registrazione. Ma il gruppo non lo sa e continua nelle sue “mediazioni”.
Trattativa bis “al mistero”
L’accordo con S. non va in porto e si continua a cercare un terreno per costruire la Rsa. «Sfumata la trattativa con S., Carraro – che è il fulcro della vicenda (il professionista rivendica solo un ruolo da architetto)», insiste Fragomeni, «ha individuato un nuovo terreno, quello di Filippo Fedriga».
«Sapevo poteva valere 40 euro al metro quadro. Chiamai Fedriga perché sapevo che si erano accordati per 32 e suggerii di chiederne 40 e poi girarne 8-10 a noi: me, Zamengo e Pajaro. I Fedriga erano ben disposti a versarci quel “quid in più».
Lei ha chiesti direttamente o indirettamente danaro a Cazzaro e Camporese? «No mai, io non conosco neanche».
Sul punto la versione di Fragomeni coincide con quella di Zamengo: «Mi invitò a cena al mistero e strada facendo il sindaco m disse che a lui non interessava il prezzo del terreno, ma sempre “10 me ne vengano”, intendendo che a lui dovevano essere corrisposti 10 euro a metro quadro, indipendentemente dal prezzo di vendita. Capii che il sindaco voleva fare la mediazione».
«Alla fine della cena Fedriga ci disse che era intenzionato a vendere il terreno a Cazzaro e Camporese. Quindi penso fosse disponibile corrispondere 10 euro al mq al sindaco».
Agenzia per affari
Un affare tira l’altro. Chiese soldi a Semenzato? Domanda la pm Baccaglini a Fragomeni: «Lo incontrai al caffè Diemme, mi disse che doveva ampliare l’attività dell’azienda sul un terreno adiacente. Mi sono attivato e ho incaricato Carraro di trattare con i Gallo, con un compenso per me del 3 per cento che avrei fatto fatturare a Carraro e lui avrebbe guadagnato sulla progettazione».
Ha chiesto soldi a Cazzin?
«Ha costruito un capannone che non riusciva ad affittare. Portai un imprenditore a visitarlo, gli piacque. Avevo chiesto una provvigione di 15 mila euro, un mese di affitto, me ne diede 9».
Buoni per i poveri e mascherine
Detto che tutte le accuse di presunto abuso di potere relative alle migliaia di mascherine anti-covid trattate dalla Fragomeni Group (azienda dei familiari) con l’interessamento del sindaco e vendute a Comuni e aziende, cadranno non appena cancellato ufficialmente il reato, così come da riforma Nordio.
Restano i 50 buoni spesa da 10 euro l’un destinati alle famiglie bisognose e finiti tra le spese dalla signora Fragomeni: «Ho portato a casa due tre blocchetti che avevo cambiato dando soldi di tasca mia agli interessati», sostiene Fragomeni, «perché avevano necessità di contanti: 100 euro a blocco. Li ho dati a mia moglie per fare a spesa, parte in beneficenza. Due blocchetti corrispondenti a 200 euro li abbiamo spesi in famiglia ritenendoli una sorta di compensazione».
L’udienza
L’udienza davanti alla gup Vitolo per il rinvio a giudizio è fissata per il 25 marzo. Fragomeni, Zamengo, Pajaro hanno raggiunto un accordo di patteggiamento con la Procura.
Carraro si proclama libero professionista e chiederà il rito abbreviato. Si dicono del tutto estranei ai fatti gli imprenditori Cazzaro e Camporese, che sceglieranno tra processo con rito abbreviato o in aula, chiedendo prima di essere prosciolti.