Mantovano stalkerizzato per mesi, ma lei viene assolta

Ha aspettato questo giorno per anni, tra sedute di psicoterapia e farmaci, rabbia e frustrazione. Per anni ha aspettato di avere giustizia, convinto che “Erba selvatica”, nickname dietro cui si nascondeva la sua stalker, venisse condannata. Ha portato in tribunale le duecento pagine di trascrizioni dei post della molestatrice fatte dalla polizia postale: post intimidatori, di insulti, minacce e pesanti aggressioni verbali, che il megafono di Twitter aveva lanciato nell’etere, scatenando centinaia di altri post dello stesso tenore. Per mesi è stato messo alla berlina da una sconosciuta, che lo accusava sul social di essere un molestatore di donne. Senza che lui sapesse nulla di lei. Ci sono voluti mesi di indagine per rintracciarla, collegando il numero di telefono da cui provenivano le chiamate di insulti ai tweet. Un faldone corposo se non di prove inequivocabili, almeno di indizi molto pesanti. Sui quali ieri la giudice Maria Silvia Siniscalchi ha tirato un colpo di spugna, cassando la richiesta della pubblico ministero Luciana Sgotti di condannare la donna a due anni di carcere.

L’assoluzione

Erba selvatica, nickname di R.F. 55 di Barletta, pregiudicata per un vecchio episodio di spaccio di droga, è stata assolta dall’accusa di stalking nei confronti di un 53enne mantovano. “Il fatto non sussiste”: formula piena di non colpevolezza che ha sorpreso tutti, perfino il difensore che aveva puntato tutto sulla formula dubitativa per l’assenza di prove certe. «Non possiamo essere sicuri che “Erba selvatica“ sia lei. Non è stato fatto alcun accertamento» aveva sostenuto il difensore. Ma la giudice è andata oltre: gli atti persecutori non ci sono stati. Cancellate, per il momento, tutte le accuse mosse dall’uomo, che si era costituito parte civile con l’avvocata Erika Pezzoli. «Mi ha rovinato la vita, sono stato messo al bando da una sconosciuta, e non potevo neanche chiudere il mio account su Twitter perché la polizia postale ne aveva bisogno per le indagini».

Sull’account del social Erba selvatica, oltre a inviare tantissimi messaggi anche in risposta ai conoscenti di lui, divulgava notizie private della vita personale della sua vittima come orari e attività lavorativa, assenze per malattia e notizie sulla compagna, numero di telefono dell’abitazione, per poi diffamarlo e ingiuriarlo.