Tangenti Anas, prosciolto l’imprenditore friulano Vidoni
Pagò, perchè forzato a farlo. Giuliano Vidoni non incassava più un centesimo dei milioni che Anas, da contratto, gli doveva. E così, messo alle corde, cedette alle pressioni.
Non di tangenti in senso stretto si trattò, allora, ma di erogazioni non dovute a funzionari che gestivano l’«ufficio mazzette» dell’ente autostradale e che, interpretando in chiave criminale il principio del “do ut des”, subordinavano a ciò lo sblocco dei crediti agli imprenditori cui erano stati appaltati lavori dal nord al sud del Paese.
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A quasi dieci anni dall’avvio della maxi inchiesta della Procura di Roma sul sistema corruttivo ordito all’interno dell’Anas dalla responsabile del coordinamento tecnico-amministrativo, Antonella Accroglianò - per tutti, la “Dama Nera” -, l’allora amministratore (con il fratello Marco) del colosso delle costruzioni di Tavagnacco, oggi 78enne, unico friulano all’epoca travolto dallo tsunami giudiziario, ristretto per questo per cinque mesi agli arresti domiciliari, ha chiuso con un’assoluzione il capitolo più buio della propria carriera imprenditoriale.
Quella inesorabilmente segnata dal fallimento dell’impresa, nel 2016, proprio a causa della mancata corresponsione dei soldi - 30 milioni di euro in tutto - che la stazione appaltante mai le versò, e per i quali, adesso, l’avvocato Luca Ponti, che lo difende, è pronto a scatenare una battaglia legale non meno rovinosa.
Vero è che la sentenza pronunciata mercoledì 10 aprile dalla settima sezione collegiale del tribunale di Roma parla di dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di Giuliano Vidoni «per sopravvenuta prescrizione».
Ma vero anche che si tratta di un epilogo che, riqualificati i fatti dall’iniziale ipotesi della corruzione a quella di induzione indebita a dare utilità, così come sostenuto dalla difesa, riconosce a Vidoni la circostanza di essere stato costretto a cedere ai ricatti dei funzionari.
Una vittima, insomma, che la legge chiama tuttavia a rispondere della propria condotta, ma alla quale riserva un trattamento sanzionatorio molto più modesto e, quindi, con tempi di “scadenza” più brevi. Nel fascicolo, coordinato dai pm Sabina Calabretta e Mariarosa Guglielmi, l’imprenditore friulano era stato chiamato a rispondere della consegna alla Dama Nera, in tre tranches, di una somma complessiva di 150 mila euro.
E questo, in tesi accusatoria, per «sollecitare l’adozione degli atti finalizzati al pagamento ed erogazione dei corrispettivi contrattuali in favore della Vidoni, in via privilegiata rispetto ad altre imprese realizzatrici». Cioè, dei soldi che era suo diritto incassare.